La plastica non è più un rifiuto: all’Università dell’Insubria un processo la trasforma in amminoacidi
La ricerca è stata condotta nel laboratorio The Protein Factory 2.0 dalla professoressa Elena Rosini, sotto la coordinazione del professor Loredano Pollegioni, delegato di Ateneo per la Ricerca e innovazione tecnologica e responsabile del progetto ProPla finanziato da Fondazione Cariplo
Trasformare i rifiuti plastici in molecole di alto valore è oggi una realtà, grazie a un processo innovativo sviluppato dai ricercatori dell’Università dell’Insubria. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista ACS Catalysis (qui l’articolo), descrive un avanzato metodo biotecnologico che converte il PET (polietilentereftalato) delle bottigliette di plastica in amminoacidi puri, con elevato valore commerciale.
La ricerca è stata condotta nel laboratorio The Protein Factory 2.0 dalla professoressa Elena Rosini, sotto la coordinazione del professor Loredano Pollegioni, Delegato di Ateneo per la Ricerca e innovazione tecnologica e responsabile del progetto ProPla finanziato da Fondazione Cariplo (nella foto sotto). Il risultato rappresenta un traguardo pionieristico nella bioeconomia circolare, dimostrando che materiali di scarto e inquinanti possono essere trasformati in composti preziosi grazie a sistemi enzimatici e microbici ingegnerizzati e processi sostenibili.

Lo studio condotto assume un valore strategico nel contesto del problema globale dell’accumulo di plastica, un’emergenza ambientale di portata crescente: la produzione globale di plastica è destinata a superare i 33 miliardi di tonnellate entro il 2050, con significative conseguenze per gli ecosistemi terrestri e marini, oltre che per la salute umana, soprattutto a causa dell’accumulo di micro- e nanoplastiche nelle catene alimentari. In questo contesto, la ricerca dell’Università dell’Insubria dimostra che è possibile non solo ridurre l’inquinamento da plastica, ma anche trasformarla in una risorsa preziosa, come gli amminoacidi L-alanina e D-alanina, con un mercato globale stimato rispettivamente in 146 milioni di USD e 153 milioni di USD nel 2024, e in rapida crescita.
«È un esempio concreto di valorizzazione enzimatica della plastica – sottolinea la professoressa Rosini – Siamo riusciti a realizzare l’intera conversione del PET in composti di alto valore tramite un processo completamente green. Questo dimostra che la plastica può diventare una risorsa, non solo un rifiuto».
Il team, che ha visto coinvolti anche i professori Gianluca Molla e Umberto Piarulli, Prorettore vicario, ha ideato una “catena enzimatica” composta da dodici enzimi provenienti da quattro diversi microrganismi, in grado di degradare il PET nei suoi monomeri e di convertirli, attraverso passaggi successivi, nell’amminoacido alanina.
«Questo studio – sottolinea Pollegioni – apre la strada a una nuova generazione di processi biotecnologici capaci non solo di eliminare i rifiuti, ma anche di produrre molecole di interesse farmaceutico, cosmetico e alimentare».
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Molto interessante!
Mi piacerebbe capire meglio questi amminoacidi L-alanina e D-alanina a cosa servano, come siano reimpiegabili.
Avere una simile prospettiva, visto la sempre maggiore diffusione in natura della plastica, un pochino mi consola…