“Contrari alla perizia su Manfrinati, da lui mai un segnale di pentimento“
L’avvocato della famiglia Limido: “La lettera dell’imputato umanamente toccante, ma nessuna resipiscenza“
Da un lato la difesa dell’imputato che, consapevole dei diversi pareri scientifici dei consulenti (di parte), intende fare chiarezza sul momento delle decine di coltellate che Marco Manfrinati è accusato di aver inferto all’ex moglie Lavinia e al suocero Fabio Limido.
Dall’altro, invece, la certezza che quell’uomo fosse pienamente capace di intendere e di volere al momento dei fatti e che dunque sia del tutto imputabile e penalmente responsabile di omicidio doloso e tentato omicidio, reati secondo la Procura della Repubblica di Varese entrambi premeditati.
Si è giocata su questa disputa la decisione odierna della Corte d’Assise di Varese, che ha portato a un fatto concreto: un esperto valuterà se l’imputato fosse o meno capace di intendere e di volere e se sia da ritenersi soggetto socialmente pericoloso. Valutazione, quest’ultima, che apre le porte, in caso di assoluzione, a misure di sicurezza che potrebbero – sempre in via teorica – condurre a una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, dunque non al carcere.
Per contro, sempre sotto il profilo teorico e ferma restando la presunzione di innocenza, la perizia psichiatrica, in caso di lettura positiva del quesito («era capace di intendere e di volere?»), potrebbe inficiare la medesima arma in caso di ricorso in Appello.
Sono questi i ragionamenti emersi in aula di giustizia a microfoni spenti.
Ragionamenti che trovano riscontro, nelle medesime condizioni ma di fronte ai microfoni di televisioni e giornali, nelle parole del difensore di parte civile Fabio Ambrosetti, relativamente al contenuto della lettera rivolta al figlio che l’imputato ha letto in aula a guisa di spontanee dichiarazioni: «Ci siamo battuti strenuamente affinché la perizia non venisse disposta, ma la Corte deve giudicare su fatti di gravità estrema», ha spiegato il legale della famiglia Limido-Criscuolo, che si è espresso anche sui contenuti della lettera, «sicuramente commovente nei confronti del figlio, che comprendiamo: il dolore lo provano vittime e carnefici. Ma abbiamo notato la forte assenza di riferimenti a Lavinia e a suo padre. Non c’è mai stato alcun segnale di resipiscenza».
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