Metamorfosi urbana: una passeggiata per scoprire Varese com’era e com’è diventata
Prende avvio oggi una rubrica che, con una passeggiata virtuale, vuole raccontarvi le trasformazioni che ha subito la città Giardino negli ultimi cento anni: a firmarla Fausto Bonoldi

Prende avvio da oggi una rubrica che ogni lunedì, con una passeggiata virtuale, vuole raccontarvi le trasformazioni che ha subito Varese negli ultimi cento anni, da quando cioè è diventata capoluogo di provincia. Trasformazioni non sempre edificanti: ma che, spiegando il passato, possono illuminare il presente e il futuro. A firmarla è Fausto Bonoldi, storica firma del giornalismo varesino, che su questo argomento, che tratta da anni nel gruppo Facebook La Varese Nascosta, ha scritto anche un libro, edito da Macchione, dal titolo “Cara Varese come sei cambiata“
La prima tappa della “passeggiata virtuale” è in piazza Monte Grappa, dove ora c’è OVS
E’ trascorso quasi un secolo da quando Varese, ameno borgo racchiuso nell’ansa del Vellone e contornato dalle sei castellanze, adagiate sui suoi sette colli, ha cominciato a cambiare volto.
Lo spartiacque tra la vecchia città, impreziosita fin dal Settecento dalle “ville di delizia” dell’aristocrazia lombarda e poi divenuta apprezzato luogo di villeggiatura, e quella che conosciamo fu il Regio Decreto del 2 gennaio 1927 che elevò Varese al rango di capoluogo di provincia.
La necessità di dare alla città una dimensione adeguata al nuovo ruolo comportò l’aggregazione al territorio comunale di nove Comuni viciniori, Bizzozero, Bobbiate con Schiranna, Capolago, Lissago, Masnago, Sant’Ambrogio Olona, Santa Maria del Monte, Velate e Induno Olona, che però nel 1950 riacquistò l’autonomia.
Sotto il profilo urbanistico gli effetti della “promozione” furono la demolizione e ricostruzione di metà del centro storico, per aprire la nuova piazza Monte Grappa, e l’edificazione di alcuni edifici pubblici propri di un capoluogo del Ventennio come la Casa del Fascio o Palazzo del Littorio (l’odierna Questura), il Tribunale e l’ufficio delle Poste centrali.
Mutamenti altrettanto significativi nel “paesaggio urbano” furono apportati dopo il Ventennio, negli Anni Cinquanta e Sessanta, quando l’incultura e la speculazione provocarono danni irreparabili al patrimonio edilizio storico.
E da una delle ferite più gravi, inferte dalla Repubblica democratica in concorso con il Regime, partiamo per una passeggiata virtuale nella Varese che era e che è: molti di voi, come me, si domanderanno come i varesini che ci hanno preceduto abbiano potuto cancellare l’eleganza dello sbocco in piazza del corso Roma (oggi intitolato a Aldo Moro), accentuata dal tram bianco e dalla decappottabile d’identico colore.

In luogo dei palazzi ottocenteschi (chissà che splendore se fossero stati conservati e restaurati) oggi possiamo “ammirare” la monumentale sede dell’Inps, costruita nel 1939 su progetto dall’architetto Mario Loreti secondo i canoni del più tronfio Novecentismo, e la sede dell’Ovs edificata per la Standa all’inizio degli Anni Sessanta.

E a proposito del palazzo di vetro, progettato dall’archistar Luigi Mattioni, tengo a precisare che non ne contesto il valore architettonico bensì il fatto che sia stato costruito in luogo della pregevole Casa Romanò, che oggi fornirebbe un’elegante testata al lato del corso per nostra fortuna conservato e restaurato.
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