“Non mi sono laureato per toccar le gambe alle ragazzine“

Parla il docente accusato di molestie sessuali dopo l’esposto nel 2018 da parte di alcune alunne che lamentavano frasi scurrili e atteggiamenti pesanti. In una intercettazione: "Oramai il sasso l’abbiamo lanciato..."

giudiziaria

«Ma per carità. Mica mi sono laureato per andare a toccare il sedere alle ragazzine. Contro di me sono state pronunciate una valanga di bugie».

Era stanco, ma non eccessivamente provato, tanto da avere la volontà in ben due occasioni di rendere dichiarazioni spontanee dinanzi alla Corte, e se non fosse stato per la procedura avrebbe egli stesso, il professore, attivato un contraddittorio con le testimoni che lo accusavano di reati pesanti, cioè quella scia di toccamenti e battutine consumatesi in alcune classi dell’indirizzo turistico all’Isis Carlo Volontè di Luino, che si trova nel quartierino scolastico assieme allo scientifico.

Palpeggiamenti alle superiori di Luino, professore a processo

Azioni che secondo il codice penale sono violenze sessuali aggravate dalla minore età delle vittime, con una pena pertanto maggiorata. Ma al suo fianco c’era l’avvocato Andrea Prestinoni, che attraverso domande tutto sommato molto simili tra loro ha ribattuto alle risposte date dalle giovanissime testimoni – tutte “2001“, quasi tutte nate nell’Alto Varesotto – all’interrogatorio come testi dell’accusa.

Quattro e passa ore di udienza nelle quali sono sfilate diverse ragazze che hanno ripetuto uno schema molto simile: toccamenti e battutine che andavano avanti anche negli anni precedenti, ma mai denunciati, e visti poche volte anche dalle dirette interessate perché sarebbero avvenuti letteralmente “sottobanco“ dal momento che la “seduta“ delle ragazze era adiacente la cattedra, e molti dei sospetti movimenti del professore risultavano invisibili al resto dei ragazzi: solo in alcuni casi, quando cioè le giovani andavano alla lavagna, il prof avrebbe mimato, e in alcuni casi sfiorato le gambe delle studentesse, secondo loro racconto delle stesse pronunciato in aula.

Ma il punto chiave del processo apertosi ieri, giovedì al Collegio di Varese è anche un altro, cioè l’intrecciarsi di questa vicenda con la sottrazione di un compito in classe avvenuta prima della segnalazione fatta dalle studentesse al preside e quindi della successiva denuncia ai carabinieri fatta da quest’ultimo.

Il compito che viene intercettato da alcuni ragazzi nella borsa del professore, la foto scattata e le domande delle prove che arrivano sui telefoni dei compagni di banco, molti dei quali che non eccellono nella materia impartita dal prof, che se ne accorge e chiede l’annullamento del compito in classe.

Ieri è stata sentita anche la giovane che scattò la foto delle domande, ai tempi sottoposta a un provvedimento disciplinare ma non alla sospensione dall’attività scolastica. Era l’aprile del 2018. E al principio del mese successivo venne fatto l’esposto – informati i genitori delle alunne – cui seguì la denuncia del dirigente scolastico ai militari, il 15 maggio.

È questo il punto che ha fatto pronunciare al professore fra le pieghe del processo la frase «mi hanno incastrato».

C’è poi anche una frase che pesa abbastanza in questa storia contenuta nelle intercettazioni raccolte dalla squadra Mobile di Varese quando una voce femminile disse: «Oramai il sasso l’abbiamo lanciato…».

Ora si dovrà attendere il 17 marzo per avere altri particolari della vicenda, almeno quelli che emergeranno nell’aula di giustizia, e per accertare le responsabilità.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 26 Novembre 2021
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  1. carlo_colombo
    Scritto da carlo_colombo

    Onestamente non capisco perché le udienze, in questo come in altri processi che non trattano casi complicati, non vengano fatte in giorni più o meno consecutivi in modo da chiudere, per il bene di tutti, la faccenda. In questo caso quasi 4 mesi e non penso che il prossimo 17 marzo sarà conclusivo.

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