Quando l’antropologia aiuta il giornalismo ad usare “le parole giuste”
Sara Zambotti, giornalista di Caterpillar, sarà a Glocal sabato 11 novembre per parlare, insieme a colleghi antropologi, dell'importanza di inquadrare meglio la notizia ed andare più "a fondo"

Giornalista pubblicista di formazione antropologica. Ma per chi la segue da tempo è “semplicemente” la conduttrice di Caterpillar, una delle più celebri trasmissioni di RAI Radio2. Sara Zambotti sarà a Glocal, il festival del giornalismo di Varesenews, per parlare di antropologia e giornalismo (Sabato 11 novembre, Salone Estense dalle 11 alle 13. Con lei Dario Basile, Andrea Filippo Ravenda, Chiara Pedrocchi )
Discipline che possono sembrare distanti, ma che in realtà condividono una caratteristica fondamentale: entrambe cercano di comprendere e raccontare storie umane. Coltivare lo “spazio generativo” tra antropologia e giornalismo è l’argomento che verrà a trattare con altri colleghi antropologi.
Proviamo a spiegarla in maniera semplice: cosa c’entrano un tizio di nome Bronislaw Malinowki e gli indigeni delle isole Trobriand con il giornalismo?
C’entrano eccome perché Malinowki è ritenuto il fondatore dell’antropologia moderna grazie al suo metodo di studio, basato sulla ricerca diretta sul campo. Questa tecnica chiamata dell’ «osservazione partecipante», si fonda sul concetto in base al quale per studiare in modo appropriato una cultura bisogna viverla direttamente.
«I colleghi che partecipano all’incontro (Dario Basile, Chiara Pedrocchi che lo ha ideato) ed io crediamo molto nel dialogo tra antropologia e giornalismo – spiega Sara Zambotti – Tutti possono beneficiarne. Diciamo che l’ antropologia può trovare nel giornalismo una maggiore diffusione delle sue visioni e il giornalismo può sicuramente trovare nell’antropologia una prospettiva più ampia per inquadrare le notizie. L’osservazione partecipante offre una base solida per il giornalismo, contribuendo a una comprensione più approfondita delle persone e delle culture che si vogliono raccontare».
Il giornalismo è spesso vincolato da scadenze stringenti e dalla necessità di fornire notizie tempestive, insomma di “Malinowki” in giro ce ne sono pochi…
«Vero, oggi c’è la tendenza a raccontare in maniera veloce e immediata, l’antropologia invece va più a fondo, ha uno sguardo più lungo e richiede tempi maggiori. A questo si aggiunge che spesso i giornalisti, soprattutto i freelance, non hanno disponibilità economica per vivere in un luogo, magari lontano, per giorni. Ma l’antropologia ci viene incontro: possiamo imparare a raccontare più nel dettaglio il presente tenendo conto del contesto più generale. L’antropologia ti immerge in una realtà perché racconta le società da vicino, da dentro. E ha riflettuto molto sulle implicazioni di parole come etnia, razza, differenza e potere.».
“Usare le parole giuste”: un concetto che Sara ribadisce spesso
«A Glocal esamineremo alcuni titoli di giornale con uno sguardo antropologico, ragionando con il pubblico presente. Parleremo di etnia, razza, di come alcune espressioni vengono utilizzate dai giornalisti».
Empatia e rispetto sono le basi di un giornalismo che voglia evitare distorsioni della realtà e sensazionalismo
«Certo, la comprensione delle prospettive delle persone coinvolte in una storia, aiuta a costruire rapporti di fiducia. Per fortuna è un concetto che si sta diffondendo sempre di più. Io sono il risultato di quello che sta accadendo in più professioni: persone che hanno studiato antropologia che hanno scelto professioni differenti, ma la contaminazione è evidente. Ci piacerebbe innervare le scuole di giornalismo di antropologia e l’antropologia degli strumenti del giornalismo!».
Al momento però l’antropologo- giornalista è ancora “una rarità”
«Sì, non c’è dubbio. Però molti giornali chiedono sempre di più l’intervento di antropologi e antropologhe quando se ne offre l’occasione. Ci sono antropologhe e antropologi che intervengono su riviste e giornali come Amitav Ghosh, Adriano Favole, Dario Basile, Marino Niola, Letizia Bindi, Elisabetta Moro, e giornaliste che hanno una formazione antropologica come Marianna Aprile e Daria Corrias. Tutti professionisti e professioniste che hanno fatto dell’antropologia uno strumento per raccontare meglio il contesto di una notizia».
Insomma, c’è spazio per un giornalismo più profondo e rispettoso, che incorpori elementi dell’osservazione partecipante senza perdere di vista l’obiettività e l’equilibrio. Un tipo di giornalismo che può aiutare a combattere stereotipi culturali e a promuovere una maggiore comprensione tra le persone di culture diverse.
«È un po’ la mia visione – conclude Sara – quello che cerco di fare a Caterpillar»
TAG ARTICOLO
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
Fabio Rocchi su "Mio figlio di 7 anni allontanato dall'oratorio di Gorla Maggiore perché musulmano"
fracode su Anche questa domenica si scende in piazza a Varese per la Palestina
Fabio Rocchi su Dal Pentagono a Tianjin: quando la guerra torna a chiamarsi guerra
lenny54 su Il Pd di Gallarate attacca Cassani: "Paladino della macchina propagandistica programmata dal governo Netanyahu"
bianca1977 su Varese si prepara a dire addio alla piscina di via Copelli: al suo posto si valuta un impianto per la pallavolo
Fabrizio Tamborini su Elly Schlein a Varese: “È una vergogna che prosegua l’occupazione di Gaza, e il silenzio del governo Italiano è complicità”
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.