Comunità energetiche rinnovabili, uno strumento potente ma non miracoloso
Promettono partecipazione e consapevolezza, ma la realtà delle comunità energetiche è ben più complessa: tra burocrazia, aspettative gonfiate e necessità di una visione condivisa, serve consapevolezza per trasformare l'entusiasmo in impatto reale

Gianluca Ruggieri, ricercatore dell’università dell’Insubria e coautore del libro “Come si fa una comunità energetica per davvero” (Altreconomia) è partito dalle origini, citando la legge la legge n. 8 del 2020 che ha istituito e disposto le regole per la costituzione delle Cer (Comunità energetiche rinnovabili) recependo la relativa direttiva europea.
«C’è stato un entusiasmo crescente attorno alle comunità energetiche che ha generato aspettative spesso sproporzionate rispetto alla realtà – ha detto Ruggieri -. In alcuni casi si è diffusa l’idea errata che basti aderire per azzerare la bolletta elettrica, ma così non è. Le comunità energetiche non sono una scorciatoia economica, bensì uno degli strumenti, tra tanti, per affrontare la transizione energetica».
Nell’incontro allo spazio libero di Materia “Cer per tutte le taglie” , promosso dal Des (Distretto di Economia Solidale della Provincia di Varese) e moderato da Marco Giovannelli, direttore di Varesenews, si è fatto il punto della situazione con gli esperti del settore e presentando alcuni casi di Cer territoriali.
LA DIMENSIONE COLLETTIVA
Un primo punto condiviso dagli ospiti, tra cui Dino De Simone, responsabile dell’Area Tecnica Studi e Strumenti per la Transizione Energetica di Aria Lombardia, è che il vero potenziale delle Cer risiede nella dimensione collettiva: fare comunità significa non solo produrre energia da fonti rinnovabili, ma anche aumentare la consapevolezza sui consumi e sulle possibilità concrete di ridurli. Il risparmio economico, seppur presente,«non dovrebbe essere il fine ultimo». È possibile decidere, ad esempio, di reinvestire i benefici ottenuti in progetti sociali o territoriali, rendendo l’esperienza più significativa.
LA SITUAZIONE IN PROVINCIA DI VARESE
De Simone ha fatto un disamina della situazione di costituzione delle Cer nelle varie provincie lombarde. Per quanto riguarda la provincia di Varese ha proiettato una slide che riassume lo stato dell’arte: «Il nostro territorio si trova in una fase di avvio e sperimentazione, con Comuni in cinque progetti di Cer attivi, dodici costituite, ma ancora nessuna Cer qualificata dal GSE».
Complessivamente in Lombardia sono 260 i comuni impegnati in progetti di Cer, 353 comuni in Cer costituite e 10 comuni in Cer qualificate dal Gse.
Il dibattito locale, secondo De Simone, riflette un’esigenza di superare approcci puramente burocratici o commerciali, dove le adesioni vengono gestite in modo impersonale («dammi il tuo POD e sei dentro»), svuotando così il senso autentico di “comunità”.
ASSOCIAZIONE RICONOSCIUTA O NON RICONOSCIUTA?
Le testimonianze di Giuseppe Lombardo, Paola Tiezzi e Stefano Bianchi (Cers di Castello Cabiaglio), Renato Aldeni e Fulvio Fagiani (Cer dei Laghi) e di Elena Provenzano (Camera di Commercio) hanno dimostrato che il percorso per costituire una comunità energetica è tutt’altro che semplice. Le difficoltà sono molteplici, a partire dalla scelta della forma giuridica più adatta (associazione riconosciuta o non riconosciuta? Nel secondo caso il presidente risponde patrimonialmente), fino agli aspetti tecnici e burocratici.
E ancora: la ricerca di superfici idonee per l’installazione, i vincoli amministrativi, la gestione dei preventivi e la compilazione dettagliata dei dati per il Gse (Gestore dei Servizi Energetici), come l’inserimento dei codici di ogni singolo pannello solare installato: «Se ne avete migliaia, diventa un’impresa inserirli tutti».
SERVE UNA VISIONE COMUNE
Una complessità che diventa più accettabile se motivata da un progetto condiviso e da obiettivi chiari. C’è poi un altro aspetto, più motivazionale, che non è secondario rispetto al primo: riflettere sul “perché” si decide di aderire o fondare una comunità energetica. Non basta cercare un vantaggio individuale: serve una visione comune, una direzione collettiva. Le comunità possono infatti diventare anche luoghi di educazione ambientale e responsabilizzazione verso il consumo di risorse come energia, acqua e gas, spesso date per scontate finché non emergono crisi, come quella seguita alla guerra in Ucraina.
È innegabile che serva uno sforzo istituzionale per semplificare le procedure, a partire dalle linee guida del GSE, così da rendere le comunità energetiche più accessibili e inclusive.
La transizione ecologica è una questione sociale non ambientale
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