La lettera per Lidia rimane un mistero

Non sapremo mai, salvo ripensamenti, chi era la persona che ha chiesto a un avvocato di avvisare la corte che sarebbe l'autore di "In morte di un'amica"

Udienza Lidia macchi con Fontana e grafologa

Nuovi misteri in aula, questa mattina, durante il processo contro Stefano Binda per l’omicidio della povera Lidia Macchi. L’avvocato bresciano che aveva informato la corte di essere stato contattato da un cliente che si attribuiva la paternità della lettera “In morte di un’amica”, non ha detto nulla di fronte ai giudici.

La sua audizione è terminata quando la corte, con una ordinanza, ha stabilito le modalità con cui doveva avvenire l’audizione. E in particolare, il Tribunale ha riconosciuto il diritto dell’avvocato al segreto professionale, ma ha deciso con una ordinanza che non potesse avvalersene in maniera parziale e che dunque se avesse accettato di rendere testimonianza avrebbe dovuto anche rispondere anche alla domanda sull’identità del suo cliente. 

L’avvocato Piergiorgio Vittorini ha affermato che non avrebbe rivelato il nome del cliente e che si sarebbe avvalso del segreto professionale. Dunque è stato congedato quasi subito.

Lidia Macchi Story

(La lettera anonima con la poesia, mentre viene analizzata in udienza)

L’avvocato prima di uscire dall’aula ha voluto salutare la madre di Lidia Macchi e c’è stato un breve colloquio in cui però ognuno è rimasto sulle proprie posizioni. “Volevo portarle la mia solidarietà” ha detto l’avvocato. “Non é così però che si porta la solidarietà” ha risposto la madre di Lidia. Il legale della famiglia Macchi, Daniele Pizzi, chiede che il cliente di Vittorini ci ripensi e venga a riferire in aula ciò che sa. E così anche la madre Lidia, Paolina Bettoni: “Dopo tanti anni – ha detto in riferimento non solo a questo episodio sarebbe ora che tutti dicessero quello che sanno”.

Fuori dall’aula, intervistato dai giornalisti, il legale bresciano ha affermato che il suo cliente, all’epoca, era un ragazzo dell’ambiente universitario. Non conosceva Lidia ma aveva saputo che si voleva ricordarla con scritti e poesia dedicate alla sua figura. In quel contesto scrisse una poesia ispirata ai “Quartetti” di Eliott, su tema filosofico e religioso. Dunque a suo dire la lettera non sarebbe una descrizione della scena del delitto.

In aula tuttavia queste informazioni, comunque la si veda, non avranno alcun peso. Durante l’udienza è accaduta anche un altra cosa. Un altro testimone ha affermato che nelle vacanze di natale del 1987 Stefano Binda era con il gruppo di Cielle a Pragelato. 

IL TEAM DEI PERITI

La corte ha disposto inoltre una integrazione di perizia, a 60 giorni, su quattro vetrini di resti della vittima rinvenuti nella medicina legale di Varese, per comparare i resti con il dna della vittima e soprattutto con quello dell’imputato. Hanno giurato in aula periti molto noti: il comandante dei Ris colonnello Gianpietro Lago, la antropologa forense Cristina Cattaneo e due capitani dei carabinieri, Alberto Marino ed Elena Pilli (nella foto in alto). I risultati sono attesi a metà dicembre.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 17 Ottobre 2017
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