A lezione di Europa con Francesco Speroni

I ragazzi dell'Olga Fiorini e del liceo Pantani hanno incontrato l'europarlamentare leghista. Luci e ombre delle istituzioni europee, tra costituzioni che non decollano, gelosie degli Stati e un parlamento privo del potere di iniziativa legislativa e che fa avanti e indietro fra due sedi

Una lezione molto speciale. È quella che oggi Francesco Speroni, europarlamentare per la Lega Nord nonchè presidente del consiglio comunale di Busto Arsizio, e in passato senatore e ministro, ha tenuto ai ragazzi delle classi quarte e quinte dell’istituto superiore Olga Fiorini e del liceo della comunicazione e dello sport intitolato a Marco Pantani. Un intervento, quello dell’esponente leghista, mirato a spiegare ai ragazzi che lo scorso febbraio sono stati in gira fra l’altro proprio a Strasburgo, il funzionamento delle istituzioni europee e la loro complessa struttura ed evoluzione. A giugno si voterà per il rinnovo dell’Europarlamento: i parlamentari saranno ridotti da 785 a 732, l’Italia passerà da 78 a 73 rappresentanti. Per eleggerne uno, con sistema proporzionale, ricorda Speroni, serve circa mezzo milione di voti: va considerato anche lo sbarramento del 4% recentemente introdotto in Italia tra feroci polemiche e accuse di inciucio da parte delle forze minori.

Affiancato dalla vicepreside Giovanna Logozzi e dall’insegnante di storia e filosofia Luca Girardi, Speroni ha ricordato ai ragazzi che tre sono i pilastri fondamentali dell’Europa comunitaria: la Commissione, il Consiglio dell’Unione Europea e l’Europarlamento. Per chi è abituato al sistema italiano (ma non solo), il loro funzionamento reciproco può apparire macchinoso se non astruso: indubbiamente vi sarebbero parecchie cosette da sistemare, e Speroni non si tira indietro nel rilevare le incongruenze. Innanzitutto l’Unione Euopea resta nè carne nè pesce, «non è una federazione, perchè gli Stati vi conservano un ruolo dominante anche secondo il Trattato di Lisbona; con una definizione ardita, e su cui non c’è consenso, si potrebbe al più azzardare che presenta elementi di una confederazione». A fondamento dell’Unione vi sono appunto i trattati susseguitisi nei decenni: da quello di Roma (1957) che fondò la Comunità Economica Europea, a quello fondamentale di Maastricht (1992), fino a quello di Lisbona, approvato dopo che la proposta Costituzione europea (Speroni fece parte, come rappresentante del governo italiano, della Convenzione che cerò di metterla a punto) era stata bocciata sonoramente nei referendum dai cittadini francesi e olandesi. I trattati hanno infatti bisogno dell’approvazione unanime degli Stati: e la bocciatura irlandese ha messo a rischio anche quello di Lisbona. Un nuovo referendum si terrà in Irlanda a fine anno. Con il nuovo trattato, se e quando entrerà in vigore, «si stabilirà fra l’altro il principio della codecisione in campo legale fra il Consiglio, che rappresenta i governi degli Stati membri, e l’Europarlamento» (che, ricorda Speroni, non ha il potere d’iniziativa legislativa, «una grossa lacuna»: suona grottesco ma è così). Quest’ultimo ricevendo le proposte della Commissione – organo non elettivo nominato dai governi – , esaminandole attraverso le proprie sottocommissioni e in collaborazione con il Consiglio, o meglio le riunioni settoriali dei ministri competenti, arriva a mettere ai voti due tipi di legislazione: direttive o regolamenti. Se i secondi equivalgono a leggi vere e proprie, le prime sono delle leggi-quadro cui ogni Stato deve adeguarsi tramite apposite leggi proprie. Nel complesso processo legislativo europeo Speroni si trova in una posizione di osservatore privilegiato, vicepresidente com’è della commissione giuridica dell’Europarlamento, che fa un po’, anche se Speroni non usa questo termine, da “Corte costituzionale” verificando la coerenza delle proposte legislative con i punti salienti dei trattati fondanti dell’Unione. All’interno del parlamento, per votare ci si divide in gruppi, che possono essere formati solo se via deriscono parlamentari dia lmeno sette delle 27 nazioni dell’Unione. Quello di Speroni è denominato Unione per l’Europa delle Nazioni e include Lega, An, Sinn Fein irlandese, il partito polacco della famiglia…La discussione delle “euro-materie” avviene principalmente nelle commissioni parlamentari, il dibattito pubblico nell’Europarlamento è più limitato e di ambito politico, più che tecnico.

Il quadro insomma è molto complesso: abbastanza da disorientare gli studenti, molti dei quali a giugno potranno votare per le europee e per le amministrative dei loro Comuni di residenza. Le domande, difatti, non abbondano. Ma vi sono ben altre storture e illogicità nel sistema. Ad esempio il fatto che l’edificio dell’Europarlamento, che costa cifre considerevoli, «è di fatto utilizzato dai parlamentari solo 48 giorni l’anno»: la maggior parte della loro attività si svolge a Bruxelles, sede della Commissione (il “governo”) europea. E l’andirivieni mensile di migliaia tra funzionari e parlamentari e tonnellate di documenti tra Bruxelles e Strasburgo è quanto di più lontano dal Protocollo di Kyoto immaginabile. Anche qui il problema è l’unanimità, con la Francia adamantina nel rifiutare una sede unica a Bruxelles. Ciononostante in qualche modo il sistema, con spese enormi, viene fatto funzionare. E questo Parlamento “a metà” riesce a dire la sua: come quando stravolse la direttiva Bolkestein, quella che con il fantasma dell’”idraulico polacco” e dell’applicazione delle regole del Paese d’origine dell’azienda minacciava di alterare i mercati del lavoro nazionali, colpendo i diritti dei lavoratori quanto le sicurezze dei consumatori. Per queste ragioni «la cosa non ci ha convinto» riferisce Speroni, e la misura è stata rivoltata come un guanto dall’Europarlamento, imponendo il rispetto delle legislazioni locali. In attesa che forse, un giorno, ci sia una legislazione europea unica.

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Pubblicato il 16 Marzo 2009
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