Attori e papà per un pomeriggio. Anche questo è il carcere

Uno spettacolo teatrale per festeggiare il 19 marzo. Il vicecommissario: "In istituto non ci sono solo numeri, ma persone. Non deve essere il luogo in cui si spezzano i legami familiari"




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Festa del papà in carcere 4 di 21

«Oggi siamo come liberi». Sono queste le parole che sintetizzano al meglio l’atmosfera che si respirava oggi, giovedì 19 marzo, nella Casa Circondariale di Busto. La Festa del papà ha infatti “invaso” la palestra del carcere sotto forma di risate di bambini, musica, palloncini, dolci e soprattutto…di teatro. Un teatro nato dalle storie raccontate dai detenuti e dalla loro performance di attori. Sotto la guida dell’occhio esperto di Elisa Carnelli, attrice e conduttrice del laboratorio teatrale che si è svolto in carcere negli ultimi mesi, e aiutati da Carla Bottelli, storica volontaria, un gruppo di undici attori ha messo in scene tre delle fiabe narrate in “Storie da mondi diversi”. «Il teatro si ispira liberamente al libro – spiega Bottelli -. La creatività e il modo personale di interpretazione di ognuno di noi ha creato delle storie a sé». Un progetto, quello teatrale, che ha avuto anche un forte impatto educativo. «Dalle loro interpretazioni – spiega Carnelli – emergono anche i vissuti personali e le differenze culturali. Il mio obiettivo era quello di farli lavorare sull’espressione, trovare la creatività e l’immaginazione: abilità che in carcere puoi dimenticare di avere». A garantire la riuscita di tutto il progetto e di questa giornata ha collaborato davvero “tutto” il carcere: l’area trattamentale, gli agenti di polizia penitenza, i volontari, i detenuti che hanno cucinato i dolci per la merenda, quelli (detenuti della sezione dei tossicodipendenti, ndr) che hanno realizzato le cravatte in cartoncino per i papà, quelli che hanno suonato e infine quelli che hanno accolto gli ospiti. Ma a renderla straordinaria sono state soprattutto le famiglie: le mogli, le mamme, i papà, i nonni e i bambini. Uniti per un pomeriggio diverso anche da quelli vissuti durante i colloqui. «Non dobbiamo dimenticare che i detenuti sono anche papà e mariti – spiega Rita Gaeta, responsabile dell’area trattamentale -. Per loro sono feste importanti: poter fare una merenda insieme diventa un momento di libertà».
Un pomeriggio quindi di festa, ma anche di riflessione. «Perché organizziamo queste iniziative? – spiega Michela Cangiano, Comandante di reparto della Polizia Penitenziaria-Vicecommissario della casa circondariale -. Perché dobbiamo far capire alla società che in carcere non ci sono solo numeri, ma persone. Il carcere, al di là del fine punitivo, non deve essere il luogo in cui si spezzano i loro legami familiari, ma quello in cui promuovere il reinserimento nella società. Anche questa è  sicurezza: con queste attività di rieducazione si riduce la probabilità che la persona detenuta, una volta uscita, sbagli nuovamente». Per questo la scuola, i corsi professionalizzanti e altre iniziative non mancano. «Quando pensa al carcere, la gente immagina subito a delitti “gravi” – continua il Vicecommissario -. Qui a Busto ci sono persone giovani, fra i 25-35 anni, di nazionalità diverse che devono scontare pochi anni di carcere per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti o contro il patrimonio. Non si tratta di reati legati ad atti violenti e spesso alla base ci sono problemi legati alla tossicodipendenza».
Verso le cinque del pomeriggio è tutto finito e ognuno se ne va, chi a casa, chi torna al lavoro e chi in cella. «Oggi ci siamo sentiti liberi – raccontano gli attori -. Siamo troppo emozionati e contenti, come se fossimo fuori. Grazie a Elisa e Carla e tutti quelli che hanno reso questo possibile».




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Pubblicato il 19 Marzo 2009
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