Il “giorno dopo” di Lonate tra chi è contento e chi “nulla sa”

In paese non si parla d'altro tra chi minimizza e chi rilancia allarmi inascoltati lanciati in tempi non sospetti. L'impressione è che un incubo durato dieci anni sia finito, almeno per ora

 Franco, il proprietario del bar Moro di Lonate Pozzolo ha rivisto la scena dell’omicidio di Giuseppe Russo avvenuto nel suo locale il 27 novembre 2005 solo ieri, dalle immagini del video pubblicato anche su Varesenews: «Le immagini delle telecamere a circuito chiuso le ho viste solo ieri – racconta – non le dico che pomeriggio ho passato. Quello che si vede scappare dal bancone e nascondersi sono io. Questo fatto mi ha arrecato un danno incalcolabile all’attività. Questo è il bar più antico di Lonate, è un pezzo di storia locale e non è giusto che sia legato ad un singolo episodio». Franco dice che i nomi scritti sui giornali non hanno mai frequentato quel bar, lui non li conosce e non ha niente a che vedere con loro: «Le facce che vede oggi sono quelle di tutti i giorni – racconta indicando la clientela, perlopiù anziana – e quelli fuori da qui, che stazionano davanti al bar, non li conosco». 

In paese tutti conoscono il bar Moro ma nessuno lo indica come luogo di ritrovo dei lonatesi: «Il bar Moro è il ritrovo di molti di loro – racconta un commerciante – da qualche tempo non ci entravo più, troppi visi ostili, troppi sguardi strani». Una visione un po’ diversa da quella romantica che si può avere guardando la foto all’ingresso del locale che racconta di una Lonate anni ’60 con le Fiat 500 e 600 che scorrazzano lungo la strada dei negozi che porta alla chiesa principale del paese. Lo stesso parroco di Lonate, arrivato da Vedano Olona, passando il primo giorno davanti al bar si era chiesto cosa ci facessero tutti quegli uomini in panciolle davanti all’ingresso. 

Lonate Pozzolo non è solo n’drangheta. Ci tengono a ripeterlo in tanti, altrettanti hanno manifestato e manifestano l’ovvia felicità per l’operazione dei carabinieri che ha portato alla decapitazione di un clan che “dominava” sul territorio. Ci sono però anche alcune persone che da tempo lanciano allarmi e spesso, forse troppo spesso, sono stati inascoltati. Cittadini, alcuni impegnati in politica e altri no, che da tempo vanno denunciando un clima pericoloso fatto di connivenze tra lembi dell’amministrazione pubblica e le organizzazioni in aria di mafia individuate dagli inquirenti. La paura è tanta e nessuno vuole esporsi in prima persona, anche perchè si teme che qualcuno degli arrestati possa uscire presto di prigione, ma a microfoni spenti e taccuini sul tavolo qualcuno che parla si trova.
C’è chi racconta di come l’attuale amministrazione sia andata a caccia di voti tra l’ampia fascia di popolazione originaria di Cirò Marina, infilando in lista tre esponenti cirotani: «Tra tanta brava gente immigrata dalla Calabria a Lonate c’è anche chi ha e ha avuto contatti e attinenze strette con la malavita – ci spiegano -, e per aver portato voti chiede qualcosa in cambio». Ci sono altri che parlano di piani integrati di intervento con oneri di urbanizzazione in favore del comune alla cui costruzione hanno collaborato alcuni degli arrestati, considerati dagli inquirenti capofila dell’organizzazione calabrese. Uno di questi avrebbe addirittura lavorato all’edificazione della recinzione che circonda il comune di Lonate Pozzolo, un altro sarebbe il fratello del proprietario della ditta che sta costruendo un fabbricato a Sant’Antonino. Progetti firmati tutti dallo stesso progettista. Tutte voci e dubbi di cittadini “normali” anche se ben informati.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 24 Aprile 2009
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