«1100 morti sono troppi: Questo è lavoro, non è guerra»

I sindacati commentano il bilancio tracciatosui dati Inail 2008. E rilanciano: «i numeri non bastano per spiegare una situazione che è ancora troppo grave». Chiedendo di affrontarla dal punto di vista culturale

1120 morti sul lavoro contro gli oltre 1200 degli anni passati non sono un successo, sono una tendenza positiva in un quadro tragico. E’ questa la risposta dei sindacati ai dati Inail comunicati ieri a Roma, con soddisfazione del presidente Sartori, nel bilancio 2008.

«I numeri sono ancora troppo grandi, e la conquista vera non è una diminuzione. I morti non si pesano nè si contano – commenta Carmela Tascone, segretario provinciale Cisl – le morti sul lavoro, siano esse una o duemila, sono situazioni pesanti che vanno previste e prevenute. E se si può apprezzare il risultato positivo, ed è da riconoscere che ci sono tante aziende serie che fanno della prevenzione un investimento e non un costo, c’è solo da sottolineare che sulla sicurezza bisogna ancora lavorare molto. Perchè si sta parlando di persone che vanno al lavoro, non in guerra».

La situazione poi, dall’osservatorio dei lavoratori, non è così rosea come l’Inail descrive: «E’ vero che i numeri dei morti sul lavoro sono diminuiti, ma nello stesso tempo in cui l’Inail di varese confermava questa tendenza anche nella nostra provincia, contemporaneamente ci comunicava il dato, in crescita, degli infortuni gravi sul lavoro – spiega Oriella Riccardi, della segreteria Cgil – I dati vanno valutati nella loro complessità».

Anche perchè i puri numeri non bastano a lavorare sulla prevenzione, anzi possono addirittura danneggiarla: «Da un’anno all’altro ci possono anche essere scarti in positivo dal vista numerico, ma la situazione degli infortuni non è certo brillante – sottolinea Marco Molteni, segretario varesino della Uil – Con il risultato che dando questi numeri,dal punto di vista del messaggio si rischia di allentare la guardia, il che è una mossa sbagliata. La verità è che non bisognerebbe affrontare questo argomento dal punto di vista statistico ma dal punto di vista culturale: sennò è uno spot che lascia il tempo che trova. Non è possibile che in una società moderna perdano la vita o tutta la loro abilità lavorativa così tante persone».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 24 Giugno 2009
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