“Liuc come Mourinho, è l’allenatore migliore”
L'incoraggiamento alle future matricole di Giacomo Buonanno, preside della facoltà di Ingegneria gestionale: «Non fatevi guidare da pregiudizi nelle vostre scelte»
Dopo la notte di Barcellona, lo "special one" – al secolo José Mourinho, allenatore dell’Inter – diventa un buon termine di paragone anche per la Liuc. «Perché Mourinho è l’allenatore migliore? Perché con la sua squadra ottiene il meglio. La Liuc è come lui: offre ai suoi studenti i servizi e le infrastrutture migliori per portarli a risultati altrettanto elevati». Non è uno sportivo, Giacomo Buonanno, preside della della facoltà di Ingnegneria gestionale all’Università Carlo Cattaneo, ma la metafora rende bene l’idea. A pochi giorni dall’open day che si svolgerà nell’ateneo castellanzese mercoledì 5 e govedì 6 maggio, il numero uno della facoltà di ingegneria prova a dare qualche consiglio agli studenti del quinto anno delle scuole superiori e a quelli che devono scegliere la laurea magistrale. «Perchè scegliere ingegneria gestionale? Perché qui insegniamo a usare la testa per risolvere i problemi. L’ottica in cui devono ragionare è questa: pensare che fra cinque o dieci anni il mondo sarà migliore perchè quel probelma sarà stato risolto. Il gestionale in particolare impara a progettare i processi per un’organizzazione per migliorare il lavoro e adeguarlo alle necessità. Ad esempio come organizzare i macchinari, come gestire le risorse umane o anche dove insediare uno stabilimento. È l’ingegnere gestionale che può dire se è più produttivo lo stabilimento della Fiat a Termini Imerese o in un altro luogo perchè deve valutare anche il contesto, i fornitori, la logistica, la manodopera».
Con i suoi 439 iscritti, la facoltà di ingegneria gestionale è ancora quella più piccola nella realtà Liuc e deve competere con atenei storici come i Politecnici di Milano e Torino. Da sempre però, come hanno ricordato anche i preside della altre due facoltà (economia e giurisprudenza), ha deciso di puntare non solo sulla qualità della didattica per attrarre studenti. «Qui non vogliamo formare lavoratori, ma persone capaci di esprimere un pensiero critico e di assumere in breve tempo posizione di responsabilità nella realtà europea. Un ragazzo o una ragazza che si iscrive oggi, deve laurearsi nel 2015 ed essere pronta ad entrare in ruoli chiave nel 2020». Secondo Buonanno questo si realizza in due modi: con le esperienze di studio e lavoro all’estero e con stage e tirocini obbligatori durante il corso di studi. «Chiediamo ai nostri giovani di andare "a fare le cose". Per questo anche i nostri orientamenti, soprattutto quelli della laurea triennale, sono fortemente legati al territorio, ma sempre con un’ottica internazionale. Per un ingegnere che si occupa di tessile ad esempio è più importante capire come funziona il porto di Shanghai o un macchinario?».
Se questo è lo scenario che si trovano davanti i 18enni, perchè in Italia le facoltà scientifiche atraggono così poco, soprattutto le donne? «Quello delle componente feminile è un problema che ci poniamo da tanto. Credo che le cause siano due: la paura di affrontare le sfide e l’idea che in questi ambiti non ci sia creatività. Io dico invece ai 18enni che hanno il mondo ai loro piedi e devono avere maggior consapevolezza nelle proprie capacità senza farsi guidare da pregiudizi o lasciare che altri decidano per loro. Sul secondo punto, come fa a non esserci creatività nella progettazione?». Insomma, secondo Buonanno la ricetta vincente sta sia nel singolo che nell’università. «Come ha scritto Mario Calabresi, la fortuna non esiste. Noi cerchiamo di formare i talenti e, quando possiamo, di fornire anche l’occasione. Sta poi ai giovani saperla cogliere».
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