Tessile-abbigliamento, la crescita in Nord Africa, Medio Oriente e Europa dell’Est

A Busto Arsizio l’assemblea congiunta dei gruppi merceologici che rappresentano il settore all’interno dell’Unione industriali della provincia di Varese. «L’Italia è l’unica fabbrica europea che custodisce l’intera filiera produttiva del comparto»

tessile abbigliamento assemblee univaDue passaggi di consegne e una conferma. È partita dai rinnovi delle cariche l’assemblea congiunta dei tre gruppi merceologici dell’Unione degli industriali della provincia di Varese che rappresentano all’interno dell’associazione il sistema manifatturiero del Tessile-Abbigliamento. Il Gruppo “Tessiture e Filature” ha eletto alla presidenza Giovanni Salvati che prende il testimone di Rino Bonomi, arrivato al termine del suo mandato. Avvicendamento anche per il gruppo “Maglie-calze, abbigliamento e calzature”: il nuovo Presidente è Remo Mazzetti, che subentra a Laura Porrini, anche lei giunta alla fine dell’incarico. Rieletto, invece, alla guida del gruppo “Tintorie, Stamperie e Finissaggi Tessili”, Michele Ferrario. Questi i nuovi vertici rappresentativi di un mondo che, all’interno della compagine dell’unione industriali, conta 310 imprese per un totale di 9.242 dipendenti. Comparti che per importanza numerica sono secondi solo al settore metalmeccanico. Le imprese tessili e della moda, infatti, si ritagliano una quota del 22% degli associati e del 12,6% degli addetti da loro impiegati.

Numeri ancora importanti, nonostante gli anni difficili che è stato costretto ad affrontare il settore. Il cui peso sull’economia non solo locale, ma anche nazionale, rimane tra i più rilevanti all’interno del sistema manifatturiero. A metterlo in evidenza di fronte alle imprese varesine è stato l’intervento di Mauro Ferraresi, docente di Sociologia dei consumi all’università IULM di Milano. Partito da un dato di fatto: «L’Italia, se confrontata con i sistemi manifatturieri degli altri Pesi, è ormai l’unica e sola fabbrica che possiede l’intera filiera produttiva. Nessun altro ha questa caratteristica in Europa». Non solo. L’industria italiana del settore è anche «l’unico vero laboratorio in grado di creare prodotti di fascia medio-alta e alta a livello mondiale».
A dirlo sono i numeri snocciolati dal docente, come quelli relativi al valore aggiunto prodotto. Con 27,4 miliardi di euro il tessile-abbigliamento si ritaglia una quota dell’11,1% del manifatturiero italiano, dell’11,5% dell’export nazionale e dell’1,5% del Pil prodotto nella Penisola. Nessun altro settore, metalmeccanico a parte, riesce a far meglio. Ma l’importanza di questa realtà industriale è data soprattutto dal raffronto con l’estero: «Il nostro Paese – ha spiegato Mauro Ferraresi – realizza da solo quasi la metà del valore della produzione del settore moda dell’Europa a 12». In pratica si tratta di una quota del 44% che distanzia di gran lunga il 14% francese, il 13% tedesco e l’11% spagnolo. Di più: il tessile-abbigliamento riveste all’interno dell’economia nazionale un ruolo che non ha nelle altre realtà europee. «Solo in Spagna – ha continuato Ferraresi – supera la percentuale del 5% del valore aggiunto totale nazionale». Contro, come detto, l’11% italiano. Con gli inevitabili impatti occupazionali: «Se agli addetti dell’industria sommiamo quelli del commercio – ha esaminato il professore – il settore moda raggiunge più di 1 milione di occupati. Tra mondo dell’industria e della distribuzione, in Italia, si arriva dunque ad una quota di 1 su 8 lavoratori».

Assemblea tessile abbigliamentoUn patrimonio dunque da difendere a tutti i costi, nello stesso interesse del benessere generale. Le imprese, d’altronde, la loro parte la stanno già facendo. Come? «La risposta degli imprenditori – ha analizzato Mauro Ferraresi – si sta basando sul contenimento dei costi, senza però ricorrere alla delocalizzazione, e puntando al miglioramento dei prodotti e alla diversificazione dei mercati di vendita, più di quanto stiano facendo gli altri settori dell’industria». La speranza risiede nei mercati esteri. Algeria per il tessile. Libano e Polonia per l’abbigliamento. Qatar e Libia per le pelli e le calzature. Questi alcuni dei mercati che stanno emergendo come tra i più promettenti per l’industria nazionale. E su questa scia si inseriscono anche le dinamiche delle imprese varesine. L’export del tessile-abbigliamento della provincia nel 2009 si è attestato sui 650,6 milioni di euro, il 19% in meno rispetto al 2008. Una forte contrazione che si accompagna, però, a un riposizionamento sul fronte delle aree di sbocco. L’industria varesina del tessile, dell’abbigliamento e della pelletteria nel 2009 ha messo a segno performance di crescita, per esempio in Polonia (+46,5%), Egitto (+28%), Kuwait (+96%), Qatar (+41%), Algeria (+500%).
Alla caccia dei nuovi mercati, però, si abbina l’esigenza di saper leggere il comportamento dei consumi in Italia e nei paesi partner tradizionali del tessile-abbilgliamento di casa nostra: «Stanno venendo a mancare – è la chiave di lettura proposta alle imprese varesine da Mauro Ferraresi – i fondamentali del consumismo che hanno finora dominato la scena dei mercati mondiali della moda. Il livello dei consumi potrebbe non tornare più ad essere quello del passato, attestandosi su livelli più bassi, almeno per quanto riguarda i mercati maturi». Le crescenti componenti emozionali, etiche e sociali, la maggiore sensibilità al rapporto prezzo-qualità, la riduzione del reddito disponibile, una maggior quota dei bilanci familiari dedicati ad altri tipi di consumi: questi alcuni dei fattori che stanno cambiando il modo di acquistare i prodotti della moda. Un mutamento che le imprese, ha proposto Ferraresi, possono affrontare con «quattro motori per la competitività: promozione dell’innovazione, rinnovamento dei modelli di business, diffusione dei patti di filiera, ammodernamento della distribuzione». Basandosi su quelli che il professore dell’università IULM ha ribattezzato «i cinque mattoni per la solidità: diffusione della tracciabilità e dei controlli, sviluppo del capitale umano, agevolazione delle aggregazioni, rinforzamento della patrimonializzazione delle imprese».

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Pubblicato il 27 Aprile 2010
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