Da Boragno va in scena la nostalgia per la Busto che fu

Una serata voluta da Manifattura Cittadina per ricordare dieci personaggi illustri della città degli ultimi due centocinquant'anni, fra storie e poesie in lingua bustocca. E dopo il passato, il futuro, sabato alla Fiera della Città che Vogliamo

Dove finisce la storia e dove comincia la nostalgia? C’era da chiederselo ieri sera da Boragno, mentre andava "in onda" "Avercene di genete così", il racconto di dieci vicende illustri di bustocchi del passato – persone e istituzioni – il primo dei "Fili Rossi" con cui Manifattura Cittadina vuole collegare i temi forti della città. Il passato, ieri sera, il futuro sabato con la Fiera della Città che Vogliamo, che vuole fare da fucina di idee per il domani.

Le persone e ricordate erano: le maestre della scoeua Teresén (1850 ca-1900, primo "asilo" per i bambini della città); mons. Giuseppe Tettamanti (1833-1901), "dominus" della città negli ultimi trent’anni dell’Ottocento e protagonista di numerosi interventi. finanziati dai fedeli, sulle chiese cittadine bisognose di restauri; Carlo Azimonti, rappresentante del lavoro industriale, indimenticato primo sindaco socialista nel 1914 e uno dei padri nobili della città; Camillo Tosi, resistente, benefattore e primo sindaco del dopoguerra; Bruno Grampa, studioso benemerito di storia e cultura bustocca; Giuseppe Castiglioni, medico, sindaco dal 1970 al 1972 e "papà" della Sala Zappellini, prima sala pubblica cittadina: Enrico "Richino" Castiglioni (1914-2000), figura di architetto di spessore nazionale e non solo, le sue opere a Busto e altrove, come pure i progetti non concretizzati, sono stati analizzati, ammirati, discussi, e sono ancora oggi una pietra di paragone; Angelo Azzimonti, poeta dialettale di fine sensibilità; Giannina Tosi Jelmini, staffetta partigiana, operaia, consigliera comunale e dai banchi del consiglio amica e portavoce dell’infanzia per cui fece istituire gli asili; Luigi Bandera, industriale fondatore delle omonime celebri Costruzioni Meccaniche Bandera, mecenate e creatore della Fondazione andera per l’Arte.
Una piccola "summa" di personaggi che si voleva onorare per trarre spunti da cui rilanciare una città che «non vola più». Forse effetto di tempi incerti, da atterraggi più che da decolli, in una città che ha basato i suoi trionfi su industrie e commerci da decenni in declino relativo, e non ha ancora trovato la chiave del futuro.
Ad accompagnare il ritrovo nella saletta della libreria Boragno, affollato fino all’ultima sedia, le letture e le storie dialettali di Ginetto Grilli, sinaghino doc, e di Giovanna Della Bella Azzimonti. Suggestioni dal passato che hanno commosso chi da un po’ è negli "anta": chi ricorda ancora non più la famiglia patriarcale contadina guidata dal regiù e dalla regiùa, ma «la scuola della strada, quando eravamo divisi in bande e giocavamo come i ragazzi della via Pàl» rievocati dall’ex sindaco Gian Pietro Rossi. E se non tutti capivano lo stretto dialetto delle storie (come quella, impagabile, delle baruffe tra sinaghitti e abitanti di San Michele intorno al corpo del martire San Cirillo in arrivo da Roma, anno di grazia 1678) e delle poesie, tutti capivano che ciò che si crede perso può rivivere con la parola: ma domani, è un altro giorno.

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Pubblicato il 23 Settembre 2010
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