Voci in cerca di parole nuove
Alcuni degli iscritti al corso gratuito di italiano per stranieri Agorà a Borsano
Tre voci diverse, esitante o sicure nel loro italiano. Chi lo sa piuttosto bene e vuole perfezionarsi, chi così e così e vuol migliorare, chi appena un poco e vuole imparare. Tre dei venticinque allievi del corso gratuito di italiani per stranieri di Agorà a Borsano hanno accettato di scambiare qualche battuta con la stampa locale, di spiegare cosa li ha portati ad accostarsi allo studio della lingua nazionale. Omer Kie Saffou viene dalla Costa d’Avorio: come gli ivoriani, parla un bel francese, l’italiano lo mastica appena. È giunto sei mesi fa per ricongiungimento con la famiglia della sorella. È sodisfatto di quanto trova ad Agorà: «Qui ci si insegna molto bene» dice, «non solo come parlare correttamente l’italiano, ma anche come scriverlo». Particolare non secondario, visto che lingue diverse, per identici suoni, usano grafie diverse. E sapere è potere: saper scrivere correttamente un documento, sapersi ambientare dove la vita ti ha portato. Anche per iscritto.
Maria Martinez è di Lima, figlia di immigrati dalle province del grande Perù. Gli occhi a mandorla e gli zigomi alti del viso da india pura ricordano che i nativi d’America hanno remoti antenati in comune con gli asiatici d’Oriente. «Ho scelto questa scuola» dice nel suo italiano già buono «perchè è giusto e approproato parlare e anche scrivere bene, per il lavoro soprattutto, per la comunicazione. Mi interessa particolarmente perfezionare la mia scrittura. Vivo qui a Borsano da quattro anni, ho un nipote, figlio di mia sorella, che va a scuola e con gli altri bambini si trova bene».
Più esitante l’italiano di Saliha Sultana, bengalese, che oltre al nativo bengali parla l’inglese, lingua degli ex dominatori coloniali. «Sono in Italia da sette anni. Questa scuola era la più vicina a casa, così appena ho saputo mi sono iscritta, per imparare a parlare meglio. Sapete, mia figlia va a scuola…» e non ci si vuole trovare a malpartito con una piccola in casa che presto parlerà l’idioma del Paese «dove il sì suona», come scriveva il sommo poeta.
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