All’Ilpea la quattordicesima si trasforma in premio produttività

Ferrari (Cisl) «È un diritto che esiste dal 1969, è una scelta miope». Lazzarin (manager dell'azienda di Malgesso): «Gli schemi conflittuali sono ormai superati e non servono alla competitività»

Per il sindacato il taglio della quattordicesima mensilità è una scelta «miope». Per l’azienda trasformare quello stipendio in un premio produttività è un’opportunità per entrambi: il datore di lavoro accede a una fiscalità più leggera (10%) e il lavoratore porta a casa qualche soldo in più. All’Ilpea di Malgesso è in atto una sperimentazione inconsapevole sulle nuove relazioni sindacali post crisi. Tra sindacato e azienda c’è un muro contro muro, ma le dichiarazioni delle parti aprono qualche spiraglio nuovo, sottoposto ad un’unica condizione: che venga revocata la decisione sulla cancellazione della quattordicesima. Da una parte, dunque, la crisi ha tracciato una linea con il passato, sintetizzata dall’affermazione «nulla sarà più come prima»; dall’altra ci si interroga come affrontare i nuovi tempi e la competitività globalizzata senza intaccare i diritti acquisiti.
Il primo dato, comune a quasi tutte le aziende italiane, è stato il crollo del fatturato che per il gruppo Ilpea equivale a – 35% negli ultimi cinque anni. Le divisioni italiane dell’Ilpea, che produce guarnizioni per elettrodomestici e automobili, nel 2006 incassavano 130 milioni di euro, scesi a 87 nel 2010. Tutto questo è sufficiente per mettere in discussione un diritto riconosciuto fin dal 1969? Secondo Maurizio Ferrari, sindacalista della Femca, i chimici della Cisl, non basta. «L’azienda ha deciso di ritornare alla carica – spiega Ferrari – proponendoci la disdetta della quattordicesima perché i costi sono troppo alti. Ci hanno proposto un premio di produttività a seconda degli obbiettivi condivisi, subito dopo una ristrutturazione pesante che ha portato l’azienda da 500 a 370 addetti».
Carlo Lazzarin, direttore del personale della Ilpea, sostiene invece che quella ristrutturazione era necessaria e che, grazie agli ammortizzatori sociali e ai prepensionamenti, non ha creato troppi danni ai lavoratori. «Nell’azienda di Malgesso il fatturato è passato da 90 milioni di euro del 2006 a 57 del 2010 – dice Lazzarin – questo ha giustificato quei tagli, ma nessuno è stato lasciato per strada. Sul piatto noi abbiamo messo due milioni e mezzo di investimenti sulla produzione, i lavori sono già visibili. A fronte di ciò abbiamo chiesto ai lavoratori un sacrificio oggettivo, lo riconosco, che è la trasformazione della quattordicesima in un premio produttività che ha una fiscalità più leggera e quindi conviene all’azienda e ai lavoratori che si mettono in tasca qualcosa in più. Un tempo sia che piovesse o che ci fosse il sole la quattordicesima poteva essere erogata, oggi non puo’ essere più così. Dal 1969 ad oggi il mondo è cambiato completamente e bisogna tenerne conto anche nelle relazioni con il sindacato perché gli schemi conflittuali sono ormai superati e non servono alla competitività».
«Non contestiamo il fatto – replica Ferrari – che la crisi abbia cambiato il mondo e intaccato il fatturato, ma se il problema è recuperare efficienza produttiva, occorre far mettere in gioco le parti e trovare un  metodo condiviso, ovvero ragionare sull’organizzazione e sui carichi di lavoro. In altre parole occorre un confronto e non operare solo tagli sui salari tra l’altro con una modalità discutibile: prima taglio e poi mi confronto. L’incoerenza è trasformare la quattordicesima in un premio variabile. Se vogliamo rendere competitiva la fabbrica vediamo come contenere i costi attraverso una maggiore efficienza. Io seguo volentieri Lazzarin sulla strada degli investimenti per recuperare la produttività. Ci sediamo al tavolo solo nel momento in cui l’azienda fa marcia indietro sulle dichiarazioni, anziché sui salari si discuta di organizzazione del lavoro e degli investimenti».
Il Gruppo Ilpea è presente nel mondo con numerosi stabilimenti: Stati Uniti, Messico, Brasile, India, Germania, Polonia, Ungheria e Italia (Varese, Pordenone e Perugia). Non ha invece siti produttivi in Cina e non fornisce nemmeno le società cinesi che producono elettrodomestici, come ad esempio la Haier. Nonostante questa scelta, l’Ilpea ha una fetta consistente del mercato: su cento frigoriferi prodotti, settanta montano le sue guarnizioni. «Vogliamo rimanere in Italia e la politica degli investimenti va in questa direzione. Le guarnizioni low-cost non ci interessano, noi produciamo guarnizioni che vanno su prodotti avanzati tecnologicamente, che badano al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale. Ecco perché non siamo in Cina».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 01 Febbraio 2011
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