“Se Gesù arrivasse in Italia, Maroni non lo lascerebbe passare”
Intervista all'attore Paolo Rossi. Venerdì 4 febbraio porterà in scena al Teatro Apollonio "Mistero buffo" di Dario Fo
Non poteva essere che Paolo Rossi, il giullare per eccellenza, a portare in scena “Mistero buffo”, il testo di Dario Fo ispirato ai vangeli apocrifi e ad alcuni racconti popolari sulla vita di Gesù.Giullari senza corte e senza chiesa, Fo e Rossi sono diversi nella fisicità, è vero. Ma da sempre fedeli sostenitori del ruolo dissacratore e quindi morale dell’arte.
Rossi, se Gesù arrivasse in Italia in questo momento che cosa direbbe?
«Intanto bisogna vedere se Maroni lo lascia passare. Ne dubito»
E nel caso ci riuscisse?
«Ci impiegheremmo troppo a riconoscerlo».
«Ci impiegheremmo troppo a riconoscerlo».
Perché "Mistero buffo" ha avuto e continua ad avere grande successo?
«Perché è un teatro di rianimazione che gioca sui sentimenti popolari. I vangeli apocrifi, da cui lo spettacolo è tratto, nascono da un’esperienza collettiva, di popolo. Le persone, il pubblico si riconoscono nella semplicità della vita come viene rappresentata».
«Perché è un teatro di rianimazione che gioca sui sentimenti popolari. I vangeli apocrifi, da cui lo spettacolo è tratto, nascono da un’esperienza collettiva, di popolo. Le persone, il pubblico si riconoscono nella semplicità della vita come viene rappresentata».
Cosa pensa del Papa e delle sue ultime aperture rispetto ad argomenti un tempo ritenuti intoccabili?
«Penso che le alte sfere della chiesa siano molto lontane dalle persone e dalla vita vera. Non è un caso che non abbiano mai recepito il messaggio di san Francesco d’Assisi».
«Penso che le alte sfere della chiesa siano molto lontane dalle persone e dalla vita vera. Non è un caso che non abbiano mai recepito il messaggio di san Francesco d’Assisi».
Lei crede che il teatro abbia ancora una funzione morale?
«Sì. Pensi solo a trasmissioni come “Rai per una notte” e “Vieni via con me” la loro matrice è puramente teatrale anche se i media che usa sono diversi, internet e la televisione. L’animale vivo non morirà mai».
«Sì. Pensi solo a trasmissioni come “Rai per una notte” e “Vieni via con me” la loro matrice è puramente teatrale anche se i media che usa sono diversi, internet e la televisione. L’animale vivo non morirà mai».
Una sua battuta è passata alla storia: lo Stato è un cancro che si sta insinuando nella mafia. Quel cancro, dopo tutto quello a cui si è assistito, papello di Ciancimino compreso, ha ancora qualche chance?
«Quella battuta nasceva dall’osservazione della realtà. Oggi è impensabile credere che ovunque ci sia un grande appalto o un grande evento e quindi tanti soldi non ci sia anche una organizzazione criminale»
«Quella battuta nasceva dall’osservazione della realtà. Oggi è impensabile credere che ovunque ci sia un grande appalto o un grande evento e quindi tanti soldi non ci sia anche una organizzazione criminale»
Quindi la mafia ha vinto?
«Diciamo che la criminalità è più organizzata dello Stato».
Le pesa il fatto che Dario Fo l’abbia indicata come suo “erede” artistico?
«L’avvicendamento nel teatro dell’arte è un fatto naturale. Io sono un predestinato perché sono stato un suo allievo».
«L’avvicendamento nel teatro dell’arte è un fatto naturale. Io sono un predestinato perché sono stato un suo allievo».
Aspira anche al Premio Nobel?
«No, preferirei la Coppa dei Campioni con l’Inter, anche se sono un po’ in ritardo».
«No, preferirei la Coppa dei Campioni con l’Inter, anche se sono un po’ in ritardo».
Con Beccalossi o senza?
«Con Beccalossi ».
«Con Beccalossi ».
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