Agesp, i difensori del lavoratore: “Giusto reintegrarlo, basta leggere il contratto”
I difensori rispondono alla presidente Paola Reguzzoni che aveva parlato di una sentenza "non condivisibile": «Il contratto collettivo applicato da Agesp scagiona il nostro cliente»
Qualche giorno fa la presidente di Agesp Servizi, Paola Reguzzoni, aveva tuonato contro la decisione del giudice del lavoro del tribunale di Busto Arsizio di reintegrare un lavoratore dell’azienda che era stato licenziato dopo essere stato sorpreso a giocare a carte durante l’orario di lavoro, insieme ad un collega anch’egli licenziato (il suo ricorso verrà discusso il 2 dicembre). Gli avvocati del lavoratore reintegrato, Andrea Bordone e Ferdinando Perone, hanno deciso di rispondere alle parole di fuoco della Reguzzoni per chiarire alcuni aspetti della vicenda: «Innanzitutto è chiaro e lampante che il lavoratore in questione non poteva essere licenziato – spiegano i legali – in primis perchè il contratto collettivo al quale fa riferimento Agesp spiega precisamente i motivi per i quali un lavoratore può essere lasciato a casa e tra questi non c’è quello addotto dalla società».
Secondo i due avvocati il dipendente in questione avrebbe occupato al massimo dieci minuti dell’orario di lavoro per giocare a carte e non i 45 minuti come si legge anche nella sentenza: «Il contratto al quale è sottoposto il lavoratore parla di almeno tre giorni lavorativi di assenza senza giustificazione – spiegano – in questo caso di parla di un periodo di tempo molto limitato». Anche i sei richiami ai quali si fa cenno anche nella sentenza non possono giustificare il licenziamento in quanto accorpati in un’unica sanzione di sospensione dal lavoro per 10 giorni «che – dicono i difensori – lo stesso giudice ha confermato come giusto provvedimento». Di queste sanzioni, secondo il contratto, ne servirebbero tre. Altre motivazioni, riportate nel contratto e che possono portare al licenziamento, infine, parlano di condanne per reati con pene superiori ai tre anni di reclusione: «Il caso del nostro cliente non rientra in nessuna di queste motivazioni – concludono – possiamo capire che la presidente sia in disaccordo con la sentenza ma il contratto, che anche lei dovrebbe conoscere, parla chiaro».
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