“Qui si allenavano i campioni”

La famiglia Grilli lavora da tre generazioni nelle scuderie di via Galdino. «Un tempo questo ippodromo era un gioiello. Bastava mantenere efficiente ciò che c’era. Non c’era bisogno di costruire altro»

Umberto Grilli ha appena finito di lavorare. Nelle scuderie di via Galdino la sua famiglia è arrivata alla terza generazione: prima di lui, ad allenare cavalli, c’era il padre. Oggi c’è suo figlio. «Sono 60 anni che entro da quel cancello – racconta Umberto -. Queste scuderie sono state costruite negli anni Trenta da grossi personaggi, come la famiglia Curti, e ora, per ragioni speculative, vengono distrutte. Trovo che sia ingiusto».
Quello che l’uomo rievoca dalla sua memoria è un mondo oggi scomparso. Un mondo fatto perlopiù di milanesi, proprietari di cavalli, che venivano a Varese per sfuggire alla calura estiva della metropoli. L’ippodromo delle Bettole era il loro gioiello, dove dare sfogo alla passione per le corse di galoppo. «Ah – sospira Grilli -. Era un ambiente dove i signori avevano la esse maiuscola davanti al proprio nome. Oggi ci sono delle persone ricche che hanno un potere e cercano di trarre un vantaggio da altre situazioni. Mentre i signori che ricordo io, erano dei veri e propri sponsor del galoppo e perciò sacrificavano qualcosa. Quando si entrava in queste scuderie sembrava di entrare in un giardino, tanto erano curate. Oggi sono fatiscenti e devi stare attento a dove cammini».
Le scuderie delle Bettole hanno ospitato, e ospitano ancora, cavalli importanti e personaggi di primo piano dell’ippica, non solo italiana. Le condizioni climatiche, la tranquillità, il pregio degli ambienti (oggi non più) erano una garanzia per i campioni alla ricerca della concentrazione e della migliore forma fisica.
Grilli ricomincia a scandagliare nella sua memoria. Il viso gli si illumina quando la sua mano indica un box. «Qui il grande Carlo Vittadini portava i suoi campioni  ad allenarsi, cavalli che poi andavano a fare le King George in Inghilterra. E che dire di Isopac, venne qui da noi perché a Milano c’era un periodo di influenza e il signor Luigi Turner, per paura che il cavallo potesse avere qualche problema, lo tenne da noi per due mesi per poi andare a vincere il Papin in Francia. Ora ci lecchiamo le dita con il gruppo uno».
Dalle camere sopra i box, dove alloggiano i dipendenti, scende il figlio. Tre generazioni al servizio fedele dell’ippica varesina e se le scuderie di via Galdino scompariranno, se ne andrà anche un pezzo della loro storia. «E’ una ferita nel cuore – conclude Umberto – vedere un degrado del genere senza una logica. Bastava mantenere efficiente ciò che c’era. Non c’era bisogno di costruire altro».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Gennaio 2012
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