Duecento prostitute tra strada e appartamenti

Un monitoraggio continuo sul fenomeno dello sfruttamenti sessuale. Parco Pineta, Tradate, Cairate, Gorla Maggiore e altri luoghi. L'attività maggiore si svolge in casa ed è pubblicizzata sui giornali

 Sulla strada sono rimaste solo le nigeriane. Una ventina sono nel Parco Pineta, quindici tra Cairate, Tradate e Gorla Maggiore e da poco la prostituzione ha ripreso anche sulla statale Varesina. È un fenomeno residuale, ma drammatico per i tanti effetti sulla vita delle ragazze che mai “lavorano” per scelta, ma sono vere schiave. Spesso sono gli stessi connazionali a sfruttarle. 

Il fenomeno in crescita è invece quello della prostituzione indoor, ovvero nelle case, nei night club o in falsi centri massaggi. La cooperativa lotta contro l’emarginazione all’interno del convegno ha presentato alcuni dati del fenomeno grazie a continui report sugli annunci del quotidiano La prealpina e del settimanale L’occasione. Anche le forze dell’ordine monitorano i mezzi di stampa per scoprire i luoghi della prostituzione.
“Tra il 14 e il 18 febbraio – racconta Roberta Bettoni – abbiamo analizzato 126 casi di annunci sui giornali. La Prealpina nei quattro giorni esaminati ha il 68% dei casi e il restante L’Occasione. Abbiamo telefonato fingendoci clienti scoprendo molte cose. L’88% sono donne, il 10% trans e solo il 2% uomini. I luoghi di maggiore presenza sono Varese (40%) e Gallarate (32%), poi Busto Arsizio con il 13% e il resto della provincia con il 12%.
Le sudamericane sono la comunità maggiore con il 28%, poi ci sono le asiatiche (18%), le italiane (7%) e per il 42% non è stato possibile conoscere la provenienza. Solo il 51% delle donne richiede obbligatoriamente l’uso del profilattico mentre le altre sono disponibili almeno a trattare con il cliente”.
L’attività della cooperativa lotta contro l’emarginazione svolge un lavoro sul campo cercando di far emergere il problema e intervenendo per fornire una alternativa alle donne sfruttate. L’unità di strada, composta da tre persone, “mira in prima istanza a rendere possibile alle donne in condizioni di sfruttamento sessuale l’accesso ai servizi sanitari di prima assistenza e ai programmi di protezione sociale, al fine di garantire i diritti previsti dalla normativa vigente”
“A nessuna donna piace questo lavoro, – è una delle voci del video proiettato – si viene continuamente umiliati. In questa società sono rispettati di più gli animali. Già al telefono senti volgarità e spesso violenza”.
È molto più difficile far emergere lo sfruttamento quando avviene in casa. I rischi di violenza sono maggiori e spesso a questa attività si associa l’uso di stupefacenti.
Roberta termina il suo intervento con un’amara riflessione. “Se è vero, come ci dicono le statistiche, che un uomo su sette va con le prostitute, ne abbiamo ancora di strada da fare”.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Marzo 2012
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