“Ai politici chiediamo uno statuto per i frontalieri”
I problemi dei lavoratori di confine entrano in campagna elettorale. Sono più di venti i candidati che hanno aderito al manifesto presentato da Cgil, Cisl, Uil, Acli, Unia e Ocst
Ci è voluta la campagna elettorale per portare così tanti politici nello stesso luogo, a discutere dei problemi dei lavoratori frontalieri. A Villa Braghenti, a Malnate, questa mattina erano una trentina i candidati che hanno accolto l’invito dei sindacati a sottoscrivere il nuovo manifesto per i diritti dei lavoratori italiani in Svizzera. Un documento proposto da Cgil, Cisl, Uil, Acli in collaborazione con le sigle svizzere Unia e Ocst, che chiede in sostanza maggiore chiarezza sui diritti e i doveri di questa particolare categoria di lavoratori. «In tutta Italia – spiega Raimondo Pancrazio, responsabile per i frontalieri della Uil nazionale – sono ottantamila le persone i pendolari che ogni giorno varcano i confini nazionali (circa cinquantamila quelli delle province al confine con la Svizzera, ndr). Questi lavoratori devono spesso fare i conti con la mancanza di una legislazione specifica e spesso sono vittime di fraintendimenti, o strumentalizzazioni. È accaduto ad esempio con l’entrata in vigore dello scudo fiscale che inizialmente li ha equiparati ai possessori di capitali all’estero e accade ogni volta che ci si scontra con intoppi negli adempimenti burocratici o amministrativi».
In ordine di tempo l’ultima tegola che si è abbattuta su questa categoria, riguarda il fondo per la disoccupazione. Un conto speciale dove negli anni i frontalieri hanno accantonato quasi 300 milioni di euro e che di recente l’Inps ha sottoposto a revisione, riducendo di fatto l’indennità percepita dai lavoratori rimasti senza lavoro. Problematiche che per i sindacalisti varesini Carmela Tascone e Franco Stasi, rispettivamente segretari provinciali di Cils e Cgil hanno un denominatore comune: «l’assenza di considerazione da parte del Governo delle istituzioni oltre alla mancanza di chiarezza nella comuncazione delle decisioni centrali verso le associazioni sindacali e i patronati, le cui sede periferiche rappresentano l’unico reale punto di riferimento per il lavoro frontalierato».
I sindacati chiedono dunque che per i lavoratori frontalieri sia istituito un tavolo nazionale di discussione con competenze specifiche e che sia realizzato un apposito statuto dei lavoratori dei territori di confine, una raccolta di norme da sottoporre all’approvazione del Parlamento. «Le battaglie che hanno permesso ai lavoratori frontalieri di vedere riconosciuti i loro attuali diritti sono il frutto di un lungo percorso – ha commentato Maria Luisa Seveso, delegata delle Acli -. Quando si è cominciato a discutere di disoccupazione le tutele erano pressoché assenti. C’era un "Bala i ratt" anche negli anni settanta e sono seguti anni di impegno per la lotta per i diritti. Oggi il mondo è cambiato, siamo preoccupati per la piega che hanno preso le trattative in materia fiscale, per come è stata affrontata la quesione del fondo di disoccupazione e per come la prevalenza delle questioni di finanza abbia penalizzato troppe volte quelle legate al lavoro. Per questi motivi abbiamo scritto a tutti i sindaci di Como e di Varese per chiedere di sottoscrivere il nostro manifesto».
Tra i politici presenti hanno firmato il manifesto: Daniele Marantelli (Pd), Jimmy Pasin (Pd), Claudio Brovelli (Etico a sinistra), Fabrizio Taricco (Pd), Alessio Butti (Pdl), Fabio Fedi (Fratelli d’Italia), Michela Barzi (Etico a sinistra), Raffaele Cattaneo (Pdl), Vincenzina Marchesin (Pd), Cinzia Colombo (Sel), Maria Sole De Medio (lista Maroni presidente), Titti Di Salvo (Sel), Tino Magni (Sel), Andrea Calori (Patto civico Ambrosoli), Attilio Stellini (Udc), Giovanni Martina (Etico), Alessandro Milani (Italia dei Valori), Chiara Braga (Pd), Alessandro Vedani (Lega nord), Francesca Brianza (Lega nord), Luca GAffuri (Pd).
Leggi anche – I frontalieri: "È difficile far sentire la nostra voce"
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