Aziende confiscate: “Solo una su dieci ce la fa”
L'allarme della Cgil. Il sindacato, in collaborazione con alcune associazioni, lancia "Io riattivo il lavoro", una raccolta firme per dare un futuro a queste imprese
Per nove aziende su dieci, tra quelle confiscate alle mafie, non c’è un futuro. È questo il dato più allarmante tra quelli diffusi dall’Agenzia nazionale per i beni confinscati e ripresi oggi dalla Cgil varesina a sostegno della campagna "Io riattivo il lavoro". Ma cosa impedisce a queste realtà di sopravvivere una volta che il velo dell’illegalità viene rimosso? Secondo il sindacato il problema di fondo è uno: l’attuale impostazione della legge. Per questo motivo, insieme a Libera, Arci, Acli, Avviso Pubblico, ANM, Uisp e Osservatorio sociale sulle mafie in Lombardia, la Cgil ha avviato una raccolta firme a sostegno di una legge di iniziativa popolare per favorire l’emersione alla legalità e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata.
«L’attuale legislazione che regola la confisca e il sequestro dei patrimoni delle organizzazioni criminali è lacunosa per quanto riguarda le aziende – spiega Vincenzo Moriello, funzionario della Cgil Regionale e tra i responsabili del Comitato promotore nazionale e regionale -. Quando un’impresa viene sequestrata attualmente viene a crearsi un effetto traumatico: l’attività è sospesa con effetti immediati sulla produzione e di conseguenza sull’occupazione. In concreto: la priorità, secondo le norme, è quella di liquidare i debiti dell’azienda non di darle un futuro a tutela dei lavoratori e del potenziale che rappresenta. In questo passaggio spesso vengono meno tutte quelle garanzie "inquinate" che avevano permesso la sopravvivenza dell’impresa in questione come la rete di riferimento piuttosto che il sistema che la finanziava. Di conseguenza se le aziende vegnono lasciate a se stesse il fallimento è inevitabile». "Io riattivo il lavoro" introduce in sostanza alcuni interventi mirati che vanno dalla mappatura dei beni confiscati alle mafie alla creazione di un fondo presso il Ministero economico per risolvere il problema del credito bancario. «Il nostro obiettivo è quello di tutelare lavoro e legalità – ha aggiunto Marinella Magnoni della segreteria provinciale della Cgil -. Vogliamo dare un futuro a queste realtà e soprattutto non possiamo accettare che i lavoratori pensino che la situazione era migliore quando gestita dalla criminalità».
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