La Cassazione non fa sconti, sequestro al campeggio confermato
Respinto anche il secondo ricorso, agli abitanti del Settelaghi rimangono tuttavia ancora il processo in tribunale, che inizia il 10 aprile, e la causa civile
La cassazione ha respinto il ricorso contro il sequestro del campeggio Settelaghi di Azzate, deciso lo scorso settembre dal gip di Varese Giuseppe Battarino, su richiesta del pm Massimo Politi. Gli avvocati dei residenti, Alberto Zanzi e Fabio Ambrosetti, avevano già presentato una istanza al tribunale del riesame contro il provvedimento, ottenendo tuttavia un primo diniego. Quella della cassazione è la seconda pronuncia negativa, che conferma dunque la decisione presa a suo tempo dal giudice, di un sequestro preventivo, a tutela del territorio e del rispetto delle leggi, poiché si riteneva che le opere nell’area fossero state edificate «senza titolo» e che costituissero «parti di quell’ampio intervento, illecito sotto il profilo urbanistico, formalmente e sostanzialmente lesivo dei vincoli a tutela del territorio».
Le testimonianze degli abitanti
Detto questo, va tuttavia ricordato che dentro il campeggio della Settelaghi di Azzate vivono ancora poco meno di 100 persone, ai quali la procura ha concesso di restare fino a che non saranno terminate tutte le verifiche sul ripristino dei luoghi, con scadenza e verifica della situazione edilizia il prossimo 30 giugno. E che il 10 aprile parte il processo per gli abusi edilizi a carico di cinque amministratori della spa Settelaghi. E ancora che esiste un ricorso al tar “sub judice”, e una richiesta di risarcimento danni intentata dai residenti agli amministratori comunali.
I due dinieghi al dissequestro, per la difesa, sono solo l’antipasto della vera battaglia giudiziaria che si combatterà al processo davanti al giudice monocratico del tribunale di Varese. Resta il fatto che le ipotesi formulate dal gip sono state già dichiarate per due volte legittime e che l’accusa rimane quella di aver costruito, lungo il corso di anni, quello che il giudice delle indagini preliminari ha definito un «abuso gigantesco», realizzato in una «zona lacustre sottoposta a una pluralità di vincoli», e che, si legge sempre nel provvedimento che ha retto al giudizio di Riesame e Cassazione, si tratta di «un’area urbana, una città o un borgo che dir si voglia, che ha preso il posto del campeggio».
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