Il sindaco: “Quanta ipocrisia sull’ospedale di Cuasso”

Massimo Cesaro scrive una lettera aperta per contestare quella che sembra una condanna del presidio sanitario. Accusa chi rema contro da anni ed elenca i vantaggi della struttura

In merito al futuro dell’Ospedale di Cuasso al Monte per il quale la direzione generale di Varese avrebbe richiesto alla Regione la definitiva chiusura, il sindaco di Cuasso al Monte, Massimo Cesaro a nome di numerosi sindaci della Valceresio e della Valganna prende posizione.

«Mi è giunta notizia che la Direzione generale dell’Ospedale di Circolo abbia chiesto in forma ufficiale a Regione Lombardia la chiusura dell’Ospedale di Cuasso. Pur sorvolando sulla assoluta mancanza di stile per cui neppure si informa l’autorità Sindacale di decisioni che pesano non solo su un Comune ma su intere comunità, ho alcuni rilievi da muovere.
Il dibattito recente e i numerosi servizi apparsi sulla stampa locale hanno confermato una realtà nota da tempo, l’Ospedale di Circolo sta collassando perché troppe prestazioni e, quindi, troppe richieste finiscono per concentrarsi sullo stesso Nosocomio. Molto più di recente (martedì 25) in un’intervista, l’ex senatore Fabio Rizzi oggi presidente della Commissione regionale Sanità ha rilevato che, per evitare ulteriori pressioni sul “Circolo” è necessario potenziare l’assistenza sul territorio «per quelle patologie a media e bassa intensità che possono essere curate tranquillamente all’Ospedale di Luino e, in parte, in quello di Cittiglio». Alla domanda: «Pazienti che si devono spostare e specialisti che si devono muovere?» il presidente della Commissione Regionale sanità risponde: «Alcuni pazienti possono tranquillamente essere ricoverati in altri presìdi che fanno parte della stessa Azienda Ospedaliera».

Senza nulla togliere alle specificità di Luino e Cittiglio, Rizzi dovrebbe spiegare alle popolazioni perché non citare anche Cuasso che è l’Ospedale più vicino a Varese nel nord della Provincia e nel quale in un recente passato sono stati investiti milioni in soldi pubblici. Quegli investimenti vanno ora fatti fruttare non gettati alle ortiche inviando pazienti alle strutture private convenzionate, altrimenti non meraviglierebbe un’eventuale inchiesta della Magistratura, soprattutto di quella contabile. Così mentre si giunge alla conclusione, certamente condivisibile per la parte che riguarda il sovraffollamento di Varese, a Varese si lavora da tempo per boicottare Cuasso e, oggi, per chiudere i reparti di Cuasso per trasferirli al Circolo, in quell’Ospedale che dovrebbe invece decentrare per non scoppiare. Se non è questa una contraddizione…


Cuasso,
come ho avuto modo di rilevare già in passato, è stato svuotato dall’interno, dalla politica gestionale di chi ha voluto accentrare tutto su Varese, mantenendo l’ospedalità presente sul territorio al margine. Scelta che ha comportato l’allungamento delle liste d’attesa per prestazioni anche ordinarie a Varese. Sono questi tempi di attesa il modello della Sanità Lombarda? Un Ospedale come Cuasso potrebbe servire un’utenza di 70-80 mila abitanti – grosso modo quanti ne contano Valceresio e Valganna-Valmarchirolo messe insieme – offrendo una serie di prestazioni che non graverebbero su Varese, con ciò diminuendo i tempi di attesa per la diagnostica. Una considerazione così elementare che stupisce che i vertici dell’Ospedale varesino abbiano – salvo qualche lodevole eccezione – sin qui mostrato di non capire. Sono stati male informati da chi rema contro?
Non si chiede il pronto soccorso per Cuasso, questo è evidente, ma la possibilità di continuare ad offrire quei servizi che Rizzi definisce “patologie a media e bassa intensità” senza contare le possibilità di proseguire con prestazioni sanitarie quali radiografie, mammografie, esami del sangue, prove da sforzo e via elencando, per le quali occorre solo personale – che c’è – e buona volontà nel favorire il servizio di sanità pubblica invece di dirottare sul convenzionamento con privati.
La considerazione che Cuasso è scomodo, fuori mano, non facilmente raggiungibile è un’autentica ipocrisia. Solo dieci anni fa c’erano un centinaio di pazienti qui ricoverati. Erano tutti desiderosi di farsi ricoverare in un luogo difficilmente raggiungibile? Via, siamo seri. Il sospetto è che si voglia uccidere un Ospedale per meri calcoli di bottega. Se poi Cuasso è così fuori mano perché si sono investiti in tempi recentissimi soldi per crearvi un Archivio? Soldi per i fascicoli ci sono, per offrire un servizio sanitario no. Chi metterà la propria firma e la propria faccia sulla chiusura di un Ospedale  – che ancora negli Anni Novanta era conosciuto e ricercato in tutta Italia per le sue terapie riabilitative in ambiti broncopolmonari, cardiologici e neuromuscolari – non potrà sperare di trovare comprensione nelle popolazioni che già lamentano e da tempo con i sindaci la progressiva mancanza di servizi in quell’Ospedale.
Perché, se Cuasso è “fuori mano” si sono investiti milioni di euro per ristrutturare il padiglione centrale lasciando a un passo dalla conclusione dei lavori un intero piano del Nosocomio?
Cuasso è stato accusato di pesare troppo sulle finanze della Sanità. Allora perché affidare l’appalto della gestione calore ad una società esterna che ha comportato un aumento sconsiderato dei costi? Perché ristrutturare le cucine, due anni fa, per poi chiudere il servizio di cucina interna due mesi dopo il termine dei lavori di ristrutturazione affidando il solito appalto esterno? Anche in questo caso non dovrà sorprendere una possibile inchiesta della Magistratura.
Dov’è la politica, la politica dei candidati che si sono spesi in promesse e tour pre-elettorali anche all’Ospedale di Cuasso, per sperare di raccattare qualche voto con facili promesse per poi abbandonare un Ospedale e un’intera comunità al suo destino?
Numerosi sindaci delle due Valli sono pronti a dare battaglia con l’appoggio della Presidenza della Comunità Montana del Piambello. Non lasceremo nulla di intentato e non solo a livello politico, perché si apra un tavolo di confronto serio col territorio perché la sanità pubblica è un bene prezioso che va tutelato. Ristrutturazioni, riorganizzazione dei servizi sono certamente auspicabili, ma la politica delle chiusure non possiamo accettarla. Come non possiamo accettare la giustificazione che Cuasso debba essere chiuso perché ha pochi pazienti. I pazienti sono pochi perché non vengono inviati a Cuasso. A favore di chi?

La replica del dottor Bravi
Non ho mai chiesto la chiusura di Cuasso


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Pubblicato il 28 Giugno 2013
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