Gli artigiani “fanno le pulci” ai comuni sulla Tares
Presentata la prima analisi comparata sulla nuova tassa rifiuti, che mostra le incongruenze dei comuni della provincia nel percepirla. Un progetto nato qui che sta per essere "esportato" in tutta la Lombardia
Non è da oggi che ConfartigianatoVarese denuncia il metodo con cui si sta calcolando la Tares “sulla pelle” delle aziende. Ancor prima che le amministrazioni si pronunciassero, questa estate aveva già evidenziato i rischi che uno strumento tributario così complesso avrebbe potuto avere sui comuni, ed era partita per un “tour estivo” tra le amministrazioni per spiegare le ragioni e i timori degli imprenditori, e proporre le soluzioni.
Avevano però promesso anche un monitoraggio della situazione, ed è arrivato: oggi 15 ottobre 2013 è stata presentata dal presidente di Confartigianato Varese Davide Galli e dal direttore generale Mauro Colombo, la prima analisi comparata sulla nuova tassa rifiuti tra 38 comuni della Provincia: «Si tratta di quasi il 100 per cento di quelli che hanno deliberato il regolamento Tares, che rappresentano il 55 per cento della popolazione» precisano.
Una analisi che mostra le differenze tra i piani finanziari delle amministrazioni, i costi medi per abitante e per chilo dello smaltimento rifiuti, le suddivisioni dei costi per superfici domestiche e non domestiche e la definizione dei coefficienti del tributo in base alle attività produttive di ognuno. «Con questa prima analisi vogliamo spiegare che non ci limitiamo a gridare contro la Tares, ma stiamo cercando di analizzare e capire il problema, per affrontarlo insieme – spiega Davide Galli – Con il risultato che questo progetto, nato qui a Varese, sta contaminando la nostra associazione in altri territori: in particolare Lodi, la provincia di Monza Brianza, parti del Veneto».
Venendo all’analisi dei dati un primo calcolo di massima, che rapporta i costi in base alle utenze domestiche, la prima cosa che si evidenzia è il costo medio della provincia sia di 370 euro ad utenza. Un dato “falsato” dal comune di Varese, che risulta essere molto sopra la media, con un costo ad utenza domestica di 414,22 euro. Escludendo Varese, il costo medio scende infatti a 257 euro ad utenza con solo sei comuni superiori a tale media: in particolare Olgiate e Cunardo che superano i 300 euro.
(nella tabella, più alta è la colonna più è alto il costo per ogni chilogrammo di rifiuti. La colonna più alta è quella relativa a Varese)
Un altro elemento che salta all’occhio è che «Una prima analisi della suddivisione dei costi evidenzia, inoltre, come questi non seguano mai i rapporti definiti dalla superficie: in tutti i casi i costi caricati sulle aziende sono sempre maggiori rispetto la reale superficie di esse, e in alcuni casi anche più del doppio delle utenze domestiche – spiega Mauro Colombo commentando l’analisi – E’ più che evidente quindi che i piani finanziari della Tares sono stati utilizzati per coprire altre voci di bilancio, ed appare anche evidente come ci siano realtà totalmente inefficienti nel rapporto servizio/costo. Ciò significa che ci sono costi molto più alti non giustificati dalla differenza del servizio. Insomma: come temevano, le amministrazioni troppo spesso fanno pagare all’azienda anche parte dei costi dei privati».
(tabella che indica il costo per le utenze domestiche e non domestiche, rapportato alla superficie servita. Le utenze domestiche sono nei toni del blu e le utenze non domestiche sono nei toni del verde. La prima colonna per ogni colore raffigura la superficie servita in percentuale per quel tipo di utenza e la seguente raffigura il costo pagato, sempre in percentuale. Se la colonna precedente è piu alta della seguente l’utenza risparmia, se la colonna precedente è piu bassa di quella di fianco, l’utenza "ci perde": nel caso dell’utenza non domestica, cioè aziendale, il rapporto è praticamente sempre in perdita, a favore dell’utenza domestica)
«Dello spirito del “chi inquina paga”, nell’applicazione della Tares, è rimasto quindi ben poco – ha commentato Colombo – Piuttosto, ha valso più lo spirito del “tutti pagano di più ed alcuni ancora più degli altri”. Non si riesce a capire come ci possano essere tali differenze di costi tra comuni della stessa provincia e come possono essere così diversi da un’amministrazione comunale ad un’altra i costi di riscossione o di smaltimento. E’ evidente che le scelte che hanno guidato la maggior parte delle amministrazioni nell’applicazione della Tares sono state di due tipi: Primo, di ripianare i bilanci girando un po’ di costi del personale che poco hanno a che fare con la gestione dei rifiuti. Secondo, di caricare ancora più tasse su alcune tipologie di aziende rispetto ad altre. Tasse che, indistintamente, non prendono in considerazione la reale produzione di rifiuti».
Il prossimo passo di questa attività di monitoraggio è stato anticipato a margine dell’analisi: «Stiamo pensando ad uno strumento che simuli con buona precisione l’importo che la ditta pagherà di Tares, inserendo on line comune di appartenenza dell’azienda e altri parametri utili – spiega Colombo – un servizio che vuole essere di confronto concreto per gli imprenditori».
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