Stefano Domenicali: “Come l’Italia, la Ferrari non ha saputo rinnovarsi in tempo”
Il team manager Ferrari si racconta in una serata organizzata da Federmanager Varese al Museo del Volo di Malpensa
Nel museo dell’areonautica sarebbe lecito far galoppare la fantasia. Invece niente. Cosa serva a far spiccare il volo alla Ferrari Stefano Domenicali non lo spiega. Il direttore del team di Formula Uno del cavallino rampante, ospite ieri a Volandia di Federmanager Varese (con Matteo Inzaghi a far da moderatore), ammette di essere fiero del suo team, ma rimane con i piedi ben saldati a terra: «Abbiamo una squadra eccezionale ma sotto il profilo del rinnovamento non siamo stati in grado di fare quel passo in più per essere vincenti».
Il manager imolese di fronte a un pubblico di direttori tecnici e dirigenti, non si nasconde dietro a un dito: «Il problema è simile a quello del Paese, siamo competitivi sotto tanti punti di vista, come l’elettronica e la meccanica, ma rimangono degli aspetti come l’aerodinamica e la messa appunto dei materiali compositi, in cui siamo ancora indietro. Ci aspettiamo molto dalla prossima stagione, quando cambierà il regolamento».
La squadra di Alonso e dell’ormai ex-Massa, ha vissuto le ultime tre stagioni al limite del cardiopalma, arrivando a sfiorare la vittoria del titolo per ben due volte. Risultati amari su cui Domenicali sta ancora lavorando: «L’approccio degli italiani in Formula Uno è molto diverso rispetto a quello degli inglesi – continua il manager della rossa -: noi abbiamo bisogno di un contatto, loro di un contratto».
Se il rapporto umano rimane una prerogativa del caposquadra Ferrari, non mancano gli effetti della pressione psicologica a cui tutto il team è sottoposto: «In un pit stop abbiamo segnato il record di un secondo e venticinque. Un risultato che i nostri meccanici hanno conseguito solo attraverso un lavoro mirato in palestra e la predisposizione di una mindroom (una stanza della mente ndr), dove un’equipe di psicologi assiste la squadra ufficiale».
Che la pressione, anche mediatica, sia tanta il manager lo ammette di persona: «L’ambiente della Formula Uno è appassionante, ma le critiche personali che ti piovono addosso sono tante e il mio compito è anche quello di fare da parafulmine». Il manager sa che, nel caso di un’altra stagione mancata, al centro del mirino ci sarà soltanto lui.
«È facile distruggere un castello, molto più difficile ricostruirlo – continua Domenicali -. Questo è un altro dei problemi simili a quello del Paese». L’equazione Italia-Ferrari funziona solo in parte. Se il cavallino rimane un simbolo dell’eccellenza agli occhi del mondo, è anche vero che senza risultati l’eccellenza prima o poi, appanna.
«Chi lavora nel nostro ambiente – continua Domenicali – non dovrebbe innamorarsi al punto di non capire quando è venuto il momento di staccarsene».
Domenicali risponde cordialmente alle domande del pubblico.
Qualcuno in fondo alla sala gli chiede se abbia capito come mai la Red Bull vada così veloce, lui sorride «Se lo avessimo capito…», lascia cadere la frase, quasi percependo la vittoria che gli sta fuggendo da quattro anni e che continua ad attirargli una caterva di critiche.
A fine conferenza Luciano Ferrante, presidente di Federmanager Varese, gli consegna un premio e la tessera onoraria di socio dell’associazione. Domenicali ringrazia e dopo aver firmato qualche autografo, semina i giornalisti, scappando verso l’aereo che lo aspetta a Malpensa. Questo week-end lo attende un altro fine settimana di passione.
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