La comunicazione istituzionale per gli stranieri non è professionale

Mercoledì 25 marzo Collegio “Carlo Cattaneo” dell'Università dell'Insubria si parlerà di immigrati e del livello di accoglienza e integrazione . Verranno mostrati i casi di scuola e Asl

Donne al corso di italiano

Nel 1981 in Italia si contava uno straniero ogni 250 residenti. Oggi l’incidenza sulla popolazione totale è di uno ogni dodici residenti. Eppure, l’Italia non sembra essersi accorta più di tanto di questo cambiamento sociale. Lo sosterranno alcuni docenti dell’Università dell’Insubria che, dati ed esempi alla mano, dimostreranno quanto l’immigrazione straniera non abbia modificato le vie di comunicazione e di formazione, affidate solo ad estemporanei esperimenti di integrazione.

Nella scuola, per esempio, il compito è affidato più alla buona volontà di insegnanti e dirigenti che a progetti istituzionali. La stessa diminuzione di ore per il sostegno pone un serio problema di aiuto a quanti si avvicinano alla cultura e alla lingua italiane: « Il docente di sostegno – spiega il professor Gianmarco Gaspari – è una figura che fa da ponte tra lo straniero e la comunità in cui si deve inserire. Non è una questione di imparare la lingua e stop, ma di integrarsi in una nuova comunità. Porre barriere o rendere difficile l’ingresso porta solo all’isolamento della comunità sia linguistica sia sociale e questo è un grosso problema»

La fotografia dettagliata verrà presentata mercoledì 25 marzo, alle ore 14,15, nell’Aula Magna del Collegio “Carlo Cattaneo”, via Dunant 5, a Varese, quando si parlerà del «Dossier Statistico Immigrazione», pubblicato annualmente dall’UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.

L’incontro avviene nell’ambito del Progetto «Osservatorio permanente sulla lingua italiana», coordinato da alcuni docenti e collaboratori del Corso di laurea in Scienze della Comunicazionedell’Università degli Studi dell’Insubria in particolare i professori Sabatino Alfonso Annecchiarico, Giulio Facchetti, Gianmarco Gaspari, Alessandra Vicentini.

 L’UNAR opera nell’ambito del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Istituito nel 2003, ha la funzione di «garantire, in piena autonomia di giudizio e in condizioni di imparzialità, l’effettività del principio di parità di trattamento fra le persone», di verificare l’efficacia delle tutele contro le discriminazioni, e di «contribuire arimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e sull’origine etnica».

Secondo i dati finali del 2013, i migranti nel mondo sono più di 232 milioni. In Italia, gli stranieri residenti sono quasi cinque milioni su una popolazione di 61 milioni, cioè l’otto per cento. Notevole il livello di istruzione: il 10% ha una laurea, il 32% un diploma; i minori sono oltre un milione, di cui 800.000 regolarmente iscritti nelle scuole. Come dicevamo, in 35 anni la situazione è profondamente cambiata si è passati da uno straniero ogni 250 residenti all’inizio degli anni ’80, all’attuale rapporto di uno ogni dodici.

«I fenomeni migratori nel nostro Paese sono ancora legati alla clandestinità e alle organizzazioni criminali; il nostro sistema scolastico ha di anno in anno diminuito i supporti logistici e linguistici agli studenti stranieri», dichiarano gli organizzatori; «eppure in Italia vivono quasi due milioni e mezzo di famiglie con almeno un componente straniero. L’Università ha il doveredi monitorare questo stato di cose, di far interagire gli operatori più attivi su questo fronte e di indicare, se non soluzioni effettive, possibili direzioni di crescita».

In un momento storico nel quale capirsi è il vero fattore decisivo, le parole di Elias Canetti – il grande scrittore bulgaro di lingua tedesca – introducono perfettamente il tema centrale dell’incontro: «Non si abita un paese, si abita una lingua». Che cosa si fa, in Italia, perché questo «abitare» sia pacifico, perché si prepari un futuro migliore a noi e alle prossime generazioni? Una risposta ce la offre l’intervento di Alessandra Vicentini, dell’Insubria, e diKim Grego, della Statale di Milano e Fulbright Scholar ad Albany (New York, USA): «In un settore così delicato come la comunicazione delle ASL, i documenti online in lingua inglese e nelle lingue degli immigrati sui siti web sono in generale scarsi (ciò che vale anche per laASL di Varese) e la maggior parte dei testi presenti per comunicare in lingua inglese con gli immigrati sono traduzioni, spesso qualitativamente di scarso livello e non professionali». Il problema, dunque, è quello di rapportarsi in maniera efficace allo straniero: « La scarsa professionalità delle traduzioni comporta il rischio di incomprensioni: « L’università dell’Insubria, nel suo ruolo di istituzione culturale – spiega ancora il professor Gaspari – ha il dovere di proporre soluzioni. E questo ateneo ha le competenze e le professionalità , con i nostri studenti, per rendere adeguati gli strumenti di integrazione e comunicazione».

Altre risposte verranno da Giulio Facchetti, che sottolinea la molteplicità dei fondamenti culturali alla base delle moderne società europee e mediterranee, indagando il carattere propulsivo delle migrazioni e delle mescolanze etniche nella formazione di questi fondamenti, e da Elisabetta Moneta Mazza, a proposito delle identità culturali dei giovani migranti. Sabatino Alfonso Annecchiarico, affermato saggista di origini argentine, indagherà sui delicati corto-circuiti che si stabiliscono tra lingua e identità, tra cittadinanza e nazionalità. Gianmarco Gaspari discuterà del ruolo di Varese, e dell’Università dell’Insubria in particolare, nel monitoraggio di una realtà affollata da riferimenti culturali tanto diversi e complessi. Conclude i lavori la presentazione dell’edizione 2014 del Dossier da parte di Franco Pittau, presidente uscente del Centro Studi e Ricerche IDOS, specialista di fama internazionale di temi legati alla migrazione e all’integrazione.

Ingresso libero.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Marzo 2015
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