Le cure di un varesino per il numero 6 del mondo

Claudio Galleani collabora con il canadese Milos Raonic, star del circuito internazionale. «Ho iniziato per caso, mi piacerebbe restare in questo nuovo mondo»

claudio galleani massaggiatore

Claudio Galleani fisioterapista varesino figlio d’arte (e cioè di Sandro, il leggendario massaggiatore della Pallacanestro Varese e della Nazionale di basket), dopo un’esperienza di oltre 25 anni e una lunga militanza sui parquet si è… dato al tennis, nel senso che da qualche mese è fisioterapista di supporto di Milos Raonic, numero 6 nel Ranking ATP del quale tracciamo a parte il profilo.

Claudio, tenendo conto dell’esperienza di famiglia nel basket, come è arrivato al tennis e in particolar modo ad un giocatore da top ten come Raonic?
«Dico la verità, quasi per caso. Ho passato trent’anni nell’ambito della pallacanestro (con Varese, Roma, Trieste e varie Nazionali); poi cinque anni fa ho lasciato la Pallacanestro Varese, e sono stato contattato da una società per tenere dei corsi di “taping” fasciature e sono stato invitato a un corso in Inghilterra i dove ho incontrato un fisioterapista di Torino, Claudio Zimaglia, che due anni fa ha iniziato a seguire Raonic attraverso il suo allenatore, Riccardo Piatti. Circa sei/sette mesi fa Claudio mi ha contattato: erano alla ricerca di un fisioterapista che affiancasse sia Milos sia altri giocatori che Riccardo sta formando. Ed è iniziata la mia avventura».

Ora dunque, i muscoli di Milos sono in mano sua.
«Il fisioterapista “titolare” è ancora il mio collega di Torino; ultimamente siamo stati insieme a Miami e a Indian Wells, mentre in alcuni tornei sono io a seguire Raonic in prima persona. Milos è uno dei giocatori più attenti, controlla la sua alimentazione, vuole essere seguito bene sempre: mattino, sera, prima e dopo le partite o durante gli allenamenti per cercare sempre di essere nelle condizioni fisiche ideali».

Milos è alto quasi due metri: per un tennista questa caratteristica può essere considerato uno svantaggio? Esiste qualche accorgimento particolare per aumentare la velocità dei movimenti sul campo?
«Prima di tutto, secondo me, con lui è stato fatto un ottimo lavoro dal punto di vista fisico, nel senso che i suoi tecnici non hanno cercato di “modificare” il suo corpo o di farlo giocare in un certo modo, ma hanno cercato di capire quale tennis si adattasse meglio a lui. Il suo servizio è  considerato uno dei più pericolosi del circuito: sfrutta l’altezza e le sue leve per imprimere una forza incredibile. I suoi punti deboli a livello tecnico e tattico sono altri. Ovviamente, un fisico simile richiede uno sforzo maggiore: baricentro più alto, leve più lunghe e sforzi maggiori. Non si può gestire un atleta di 1,80 allo stesso modo di uno di due metri: per esempio, quando ero con lui al torneo di Marsiglia ho seguito anche Andreas Seppi per un paio di giorni prima che venisse eliminato. Ovviamente fisico diverso, stile di gioco diverso, problemi diversi».

E invece che differenze ci sono per un fisioterapista quando deve occuparsi di un’intera squadra rispetto a un solo giocatore in uno sport individuale?
«La cosa principale è capire il gesto tecnico che l’atleta deve compiere, cosa che ho fatto anche quando ho seguito formazioni di football americano e di calcio. Partendo da questo presupposto si possono studiare i problemi e gli sforzi maggiori a cui il fisico viene sottoposto. Tutti gli sport hanno movimenti ripetuti nel tempo che vanno a lesionare determinate strutture fisiche. Su un cestista stai molto più attento a caviglie e ginocchia, su un tennista devi considerare il fatto che si tratta di uno sport asimmetrico perché si lavora di più con un lato del corpo. In questo è simile alla pallacanestro perché anche lì il braccio dominante viene usato maggiormente. Diciamo che il basket mi ha aiutato a gestire giocatori molto diversi: a Varese avevo avuto insieme Gianmarco Pozzecco e Pavel Podkolzin, pivot di 2,30. E anche questo mi favorisce con Raonic: molti lo considerano un gigante, per me che vengo dai canestri ha un fisico medio. Su un tennista bisogna valutare cose completamente diverse perché tende a mettersi moltissimo “fuori asse” perché lavorando con il dritto si ruota in un senso, opposto rispetto al rovescio. Movimenti esplosivi che creano stress e che vengono immediatamente interrotti per preparare la risposta».

Qual è il suo obiettivo futuro con Raonic? Ha intenzione di andare avanti a far parte del mondo del tennis?
«Ho 45 anni e da 30 che faccio il fisioterapista; solitamente ogni due o tre anni cambio perché sono un'”anima in pena”, ma quando mi chiedono se mi è piaciuto il mondo del tennis rispondo di sì: forese che se avessi saputo che era così avrei lasciato il basket prima. È un ambiente che mi piace, iper-professionale e rispetta tutte le figure che girano nell’ambiente: mi piacerebbe restare ancora per un po’».

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Pubblicato il 16 Aprile 2015
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