Una scuola agraria per salvare la cascina Burattana
Uno degli ultimi luoghi simboli della Busto agricola potrebbe rinascere come istituto per periti agrari grazie ad un bando regionale al quale il Comune ha deciso di partecipare

La cascina Burattana potrebbe rinascere come istituto agrario. Dopo decenni di abbandono e di crolli c’è un progetto per il suo recupero e un bando regionale che potrebbe ridare ad un luogo storico della cultura agricola cittadina, un futuro luminoso proprio nell’anno dell’Expo dedicato all’alimentazione.
La giunta, nelle settimane scorse, ha approvato una delibera che prevede il recupero del complesso situato a Borsano che punta alla ristrutturazione completa degli edifici e alla trasformazione in una scuola per periti agrari con tanto di residenza, bottega e campi da coltivare. «Il progetto è certamente ambizioso – spiega l’assessore al patrimonio Paola Reguzzoni – ma non intendiamo farci scappare ogni minima opportunità per riportare questo bene della collettività al suo originale utilizzo agricolo». Nel progetto è previsto anche un coinvolgimento degli Amici della Burattana che da anni coltivano una parte dei terreni comunali e utilizzano una porzione della cascina come ricovero mezzi.
Per questo gli uffici di Palazzo Gilardoni hanno dovuto lavorare velocemente per preparare il progetto preliminare da presentare in tempo per il bando che consente l’accesso ai fondi Bei: «Se il nostro progetto verrà preso in considerazione si parla di un finanziamento fino all’80% del totale previsto di circa 4 milioni di euro – spiega l’assessore Reguzzoni che poi aggiunge – in questo periodo abbiamo presentato progetti per un totale di 11 milioni di euro, quasi tutti in ambito scolastico. Oltre a quello della scuola agraria ne abbiamo presentato uno da un milione di euro per le scuole Bellotti di via Busona».
Le casse comunali languono e da sole non possono sostenere i progetti di tutela del patrimonio: «Stiamo provando tutte le strade per salvare il patrimonio pubblico – spiega – anche l’intervento dei privati, a condizione che gli interventi di recupero siano finalizzati ad una fruizione pubblica dei beni».
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