Dare lavoro? Ascoltate come hanno fatto loro

Le esperienze di Openjobmetis, Fai e Confartigianato. Rosario Rasizza racconta come ha fatto ad arrivare fino alla quotazione in Borsa, Mauro Colombo ed Emilio Pacioretti come hanno favorito le start up

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Il lavoro, oggi, si cerca o si costruisce?  Una domanda che, a conti fatti, potrebbe essere decisiva per un giovane che si appresta a scrivere un curriculum. Trovare anche solo un posto fisso, di questi tempi , è davvero un’impresa, ma qualche spunto interessante è emerso da un dibattito condotto da Michele Mancino con Rosario Rasizza, fondatore della agenzia di lavoro interinale Openjobmetis, prossima alla quotazione in borsa, Mauro Colombo, direttore di Confartigianato imprese ed Emilio Pacioretti, direttore delle risorse umane del Fai, il Fondo per l’ambiente italiano.

Ad Harvard, come ha ricordato Mancino, i laureandi il lavoro se lo inventano invece che cercarlo. Succede anche in Italia? Il succo, secondo Rosario Rasizza, è questo: chi cerca un lavoro generalista ha più difficoltà. Gli imprenditori invece cercano persone con forti specializzazioni, e con la “presunzione” di poter dare qualcosa di nuovo a una impresa. Più sei specializzato, più ti vogliono.  Un esempio interessante è quanto avvenuto nella sua azienda: “Organizziamo ogni anno un corso per macellai per la grande distribuzione. Vengono da noi a scegliere tra i partecipanti per assumerli, ma facciamo fatica a trovare partecipanti”. Cose concrete, cose precise, specialità, ma ancora oggi ci sono mestieri come saldatore e calderaio, dove i posto sono incredibilmente mancanti. Il lavoro manuale è davvero molto ricercato. Ed è anche per questo che Confartigianato ha investito su Faber Lab a Tradate: “Vi abbiamo avviato percorsi formativi – ha spiegato Mauro Colombo – in cui in sostanza creiamo le condizioni per avviare una start up”. 

Emilio Pacioretti ha raccontato come nel settore turismo e cultura il Fai abbia creato occasioni di lavoro: “Forse non tutti lo sanno – ha spiegato – ma il Fai è la copia del National Trust inglese, che ha 4 milioni e 200mila soci, Come Fai gestiamo 40 beni storici, con 250 dipendenti e negli ultimi tre anni sono nate 10 start up culturali, che hanno dato formazione ai giovani, soprattutto donne e che a loro volta sono diventate da imprese stagionali, imprese a tutto tondo, capaci anche di gestire altri beni, di vincere gare e di diventare occasioni di lavoro. La start up che lavora a Villa Panza di Varese, ad esempio, ha vinto una gara alla triennale. E un’altra azienda di giovani nata dal Fai ora gestisce ben 7 beni storici e solo alcuni sono del Fondo. Possiamo dire che questo settore ha avviato ormai 350 collaborazioni e circa 60-70 posti sono full time”.

Secondo Mauro Colombo di Confartigianato queste esperienze sono molto significative, ma va anche ricordato che ci vuole un contesto favorevole al fare impresa. “Le grandi aziende, in Italia – ha fatto notare –  si sono spesso giovate dalla capacità innovativa delle piccole imprese. E’ un patrimonio che non va perso e dunque un’associazione di categoria non può che favorire il contesto di partenza, e la possibilità di creare le condizioni di sistema. Un esempio straordinario è quella di Rasizza: “Io non ho ereditato una azienda – ha rivelato – i miei genitori erano dipendenti della Ignis. Ho iniziato aprendo un’agenzia in franchising, nel 2001 ci siamo messi in proprio. Poco dopo è arrivato l’11 settembre ma non ci siamo persi d’animo. Siamo passati da quasi 2 milioni di fatturato il primo anno ai 400 milioni di quest’anno e ora con l’operazione di borsa le risorse per espanderci ancora. Punteremo sulle acquisizioni. Il mercato vale 6 miliardi, il mio competitor diretto ne ha uno, perché non provarci?”.

Buone idee e passione ma no solo. Se Rasizza ha ricordato che non bisogna mai far scendere un giovane sotto il livello della passione perché altrimenti non farà un buon lavoro, ha però aggiunto che spesso sul mondo del lavoro si parla senza sapere, soprattutto nei talk show. “Noi delle agenzie interinali diamo lavoro regolare – ha osservato – la nostra è una flessibilità buona e il 15% di chi è entrato con un’agenzia in una azienda è stato poi assunto. Il salario inoltre non è minore, ma questo i politici nei talk show non lo dicono”.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Agosto 2015
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