L’ultimo falò del Sindaco Fontana
Quella di sabato sarà l'ultima occasione da sindaco di Varese per accendere il falò: ne abbiamo approfittato per fare un piccolo bilancio, tutto umano, di questi dieci anni

Attilio Fontana sabato sera sarà in prima fila, con la sua torcia, come tutti gli anni da dieci anni: quella dell’accensione del falò è una funzione che sempre preso sul serio come sindaco di Varese.
Ma quella di sabato sarà una occasione definitiva: sarà infatti l’ultima volta da sindaco. A Maggio scade anche il suo secondo mandato, e non sarà più eleggibile. Abbiamo colto così quest’occasione speciale per fare un piccolo bilancio di questi dieci anni: non politico, ma umano, partendo proprio dal falò.
Andrà al falò anche l’anno prossimo?
«Sì: lo faccio da molto prima di essere sindaco, continuerò a farlo anche dopo»
Ha mai messo il bigliettino nel falò?
«No mai, sono già sposato… O forse avrei dovuto metterlo, chissà… »
Ha un episodio legato al falò?
«Mi ricordo, qualche anno fa, quando mi telefonò Bossi dicendo che ci teneva a venire al falò: era reduce dalla sua malattia, per lui era un momento importante e anche per noi andava benissimo. Mentre stava salendo in corteo però venne sommerso da televisioni, giornalisti, gente che gli faceva domande. Mi ricordo che ero davanti al falò, con la mia torcia, con il prevosto e la sua torcia, con il presidente dei monelli che voleva iniziare perchè doveva partire alle nove e lui non arrivava mai. Così ho dovuto andare a recuperarlo, a interrompere le interviste, a riportarlo dove l’aspettavano. Una situazione difficile, diciamo… Comunque quello dell’accensione del falò è sempre stato un momento molto bello. Anche se la prima volta che feci il corteo con la torcia in mano, non considerai che la cera tende a scolare: quell’anno buttai via un paio di scarpe. Adesso ho imparato, sono molto più attento».
Dopo dieci anni si sente più sindaco o più avvocato?
«Dal punto di vista umano, mi sento in eguale misura entrambe le cose. Dal punto di vista professionale ammetto di fare un po’ più fatica, a fare l’avvocato: diciamo che ora ci impiego di più a prendere le decisioni da avvocato che da sindaco».
Cosa farà dopo?
«Innanzitutto dovrò concentrarmi, per non fare quello che faccio normalmente: io adesso per prima cosa arrivo qui, saluto le persone, controllo le luci. Dovrò sforzarmi per cambiare le abitudini, cancellare questa predisposizione mentale. Continuerò a voler bene alla città, e se sarà qualcuno che ha bisogno di me potrò dar qualche consiglio. Ma non è giusto imporre la propria presenza anche se per caso lo diventasse sindaco un amico».
I cittadini di Varese sono come dieci anni fa?
«Sì, hanno caratteristiche ben precise. Il difetto principale del cittadino di Varese è quello di sottovalutarsi, avere sempre la convinzione che gli altri possano essere migliori. Vede sempre gli aspetti negativi di se, dalla sua città, di tutto. Mentre invece io penso dovrebbe inorgoglirsi di essere parte di questa comunità. Credo sia difficile trovare una città così, che si definisce chiusa ma non lo è assolutamente. Credo che la cena solidale che ci fu a settembre ne sia un esempio perfetto, come lo sono le tante associazioni di volontariato».
Si ricorda il suo primo giorno da Sindaco?
«Benissimo. Lo occupai innanzitutto a fare lo scambio delle consegne con il commissario che allora era il prefetto Porena, che mi affidò ufficio, palazzo e comune. Poi rimasi qui per incominciare a conoscere le persone. Mi trovai subito bene»
Quest’ufficio era così? C’è qualcosa di suo?
«E’ rimasto completamente uguale: ricordo che mi impressionò piacevolmente la presenza del quadro che raffigurava Velate, vicino a casa mia. Solo la scrivania ha cambiato posizione: prima era davanti alle finestre»

Qual è stato il momento piu difficile?
«Il momento più duro risale al primo mandato. L’unico momento difficile è stato quello relativo alle decisioni da prendere su Aspem e A2A, che vedevano all’interno della mia maggioranza anche dei malumori: arrivai a pensare che non ce l’avremmo fatta a continuare. Poi ci sono sempre momenti difficili, ma sono di una difficoltà pratica, data dalla burocrazia o da leggi farraginose. Ma è ordinaria amministrazione»
Si è mai detto: “mannaggia se non fossi stato sindaco?”
«L’unico momento in cui ho qualche rimpianto è quando la domenica sono sommerso da troppi impegni o manifestazioni, magari mi dispiace di non avere il tempo di vedere mio figlio che gioca a tennis o mia figlia che pattina. Quello è l’unico vero rimpianto»
Quando ha pensato invece che era bello essere sindaco?
«Non è stato tanto qualche iniziativa o manifestazione: è bello essere sindaco quando vado in giro per la città e la gente mi ferma, mi parla, si congratula, mi ringrazia… magari mi critica, ma è bello che comunque decida di rivolgersi a me come garante della situazione»
I “suoi quartieri”, per il fatto che li ci vive e lavora, sono Varese centro e Velate. Cosa le resta più impresso di questi luoghi?
«Di Velate, è bellissimo non tanto un luogo particolare quanto la sua stessa struttura: le ville, il fatto che ci siano ancora case medievali, la sua identità e comunità. Quando ci siamo trovati a parlare della banda, l’abbiamo fatto nel salone del parroco, all’oratorio: una cosa che facevo da ragazzo a Induno, e che è caratteristica dei paesi. Oratorio, scuola, chiesa, sono ancora punti di riferimento forti. Del centro mi piacciono molto le chiese: la Basilica, san Giuseppe, san Martino. Sono luoghi dove mi piace entrare, anche solo pochi minuti. Poi i giardini: non solo i giardini estensi, ma anche quelli di villa Mylius, a cui sono legato da ricordi giovanili».
Dove comincia la sua giornata?
«La giornata comincia qui, nell’ufficio da sindaco. Il primo caffè però lo prendo a casa. Qui arrivo alle 8 e un quarto. Anche se poi devo andare in tribunale, assistere a qualche processo, parto sempre da qui. Ci sto anche solo una mezz’oretta e poi vado»
Un consiglio per il prossimo sindaco? Magari per salvaguardare la propria vita personale…
«Ah beh, se vuole salvaguardarla meglio che non faccia il sindaco. Oppure deve cercare di avere una moglie molto disponibile e che gli sia vicina. L’altra alternativa è non farlo bene: la domenica spesso ci sono un sacco di manifestazioni diverse dove la presenza del sindaco è richiesta. In quel caso, si potrebbe scegliere di non andarci, ma non è bello nei confronti dei cittadini».
Il rimpianto più grande?
«Non avere vissuto come sindaco un periodo dove ci fossero le condizioni per realizzare quello che avevo in mente, portare a compimento la ma idea di città»
La sorpresa più bella?
«Ho trovato dei collaboratori con cui ho avuto rapporti piacevoli e di amicizia. Tra tutti l’avvocato Passera, che è diventato il mio più stretto collaboratore e che prima conoscevo solo superficialmente. Ma anche tanti altri collaboratori, non necessariamente dirigenti. Molti dipendenti, impiegati, funzionari del comune con cui ho avuto uno splendido e non scontato rapporto. Tra l’altro, è successo anche tra i colleghi amministratori. Ce ne sono alcuni che a pelle non pensavo mi sarebbero diventati simpatici. E’ stata una sorpresa piacevole dal punto di vista umano: sono più le persone che ho imparato ad apprezzare che quelli che ho imparato a detestare, anche nel difficile mondo della politica»
Vuole essere ricordato per essere il sindaco che ha fatto…?
«Complessivamente, come un sindaco che ha dato serenità alla città, malgrado tutto. Come opere, mi piacerebbe essere ricordato come il sindaco che ha riportato il teatro a Varese».
Foto
TAG ARTICOLO
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
fracode su Varese ancora in piazza per la Palestina: "Rompiamo il silenzio contro il genocidio"
Giuseppe Mantica su Un futuro nella musica per il cardiologo dell’ospedale di Gallarate Giovanni Gaudio in pensione a fine anno
Bustocco-71 su Il pericoloso gioco alla stazione Ferno-Lonate: ragazzini attraversano i binari nel tunnel
PaoloFilterfree su Dall’abbandono alla rinascita: la lunga marcia dell’ex Aermacchi
Felice su Il pericoloso gioco alla stazione Ferno-Lonate: ragazzini attraversano i binari nel tunnel
lenny54 su È arrivato il gran giorno a Monteviasco: dopo sette anni di stop riparte la funivia
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.