“La morte di un paziente in attesa di trapianto è difficile da accettare”

Lo sfogo di un medico davanti alla morte di una bimba di 5 anni per il mancato arrivo di un fegato nuovo ha suscitato molta commozione in rete. Il dottor Donati racconta cosa si significhi deludere le aspettative di chi ti si affida

chirurghi

Quel senso di impotenza, davanti alla morte di un paziente che attende il trapianto.

Una bimba di cinque anni colpita da un tumore molto aggressivo al fegato. La speranza di veder comparire un donatore compatibile. L’attesa snervante e inutile. La morte della piccola e  lo sfogo del chirurgo che ha dovuto ammettere la propria impotenza e affida a Facebook la sua frustrazione : «Quel senso di impotenza che ti sovrasta ti lascia dentro un vuoto troppo grande».

È la storia di un medico dell’ospedale di Padova salito agli onori della cronaca per quel post sul social network che ha provocato una reazione di solidarietà.

Un’esperienza umana prima che professionale che parla di storie in corsia, di dolore e complicità di solito nascoste dietro l’enfasi delle vittorie della medicina : « Non poter aiutare chi si affida a te lascia sempre una profonda ferita dell’anima – commenta il dottor Donato Donati nefrologo – Io mi sono sempre occupato di trapianto di rene che, diversamente dal fegato o dal cuore, non limita il tempo d’attesa a poche ore o pochi giorni, ma lascia un arco temporale molto ampio. Il problema è che la dialisi, piano piano, indebolisce l’organismo e noi assistiamo al progressivo peggioramento delle condizioni dei nostri pazienti. Sentiamo ripetere la domanda “quando tocca a me?” e non abbiamo risposte…»

Il dottor Donati  lo scorso anno ha lasciato l’attività all’ospedale di Circolo con , al suo attivo, un elevato numero di trapianti di rene. Nell’autunno scorso è stato anche premiato dal NIT come “benemerito del trapianto”.

«Non è vero che in Italia ci sia poca cultura del dono. I rifiuti si attestano attorno al 25% dei casi. È chiaro che non sempre gli organi possono essere espiantati. Per i bambini, inoltre, si inserisce  il problema delle dimensioni perché è chiaro che i donatori sono spesso adulti e, comunque, per questi trapianti occorrono organi della misura esatta».

Per il trapianto al rene, in Italia, esistono tre liste diverse che riguardano tre distinte collocazioni geografiche: c’è il NIT (North Italian Transplant) a cui afferiscono le regioni settentrionali insieme alle Marche ma senza il Piemonte che fa parte dello AIERT ( Associazione Interregionale Trapianti) che raduna i territorio del centro Italia oltre a Puglia e Trentino. Le regioni Meridionali sono riunite sotto l’OCST (Organizzazione Centro Sud Trapiani) : « Quando si espiantano i reni – spiega il dottor Donati – uno viene lasciato a disposizione di un dializzato dell’ospedale stesso mentre l’altro viene offerto all’interno dell’organizzazione. È chiaro che, se l’organo non è compatibile con nessuno dei pazienti in attesa, si offre agli altri centri. Il punto delicato, spesso, è capire le priorità: c’è un algoritmo che fissa le precedenze ma, a volte, capita che occorra anche ragionale sulle possibilità che il trapianto vada a buon fine e, a volte, occorre scegliere molto freddamente. E anche questo aspetto è molto difficile umanamente da affrontare».

Vedersi spegnere piano piano un paziente è un’esperienza con cui i medici, come il dottor Donati, sono costretti a convivere ogni giorno: « Le liste d’attesa non si esauriscono mai perché il numero dei donatori non è mai come quello dei richiedenti. Anzi. Si alimentano continuamente mentre le speranze di sopravvivere di qualcuno si spengono. Uno strazio che, ritengo, si possa contenere diffondendo la cultura del dono tra viventi. Da quando è stata introdotta questa possibilità, sono aumentati i trapianti».

Alessandra Toni
alessandra.toni@varesenews.it

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Pubblicato il 08 Febbraio 2016
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