L’identità è come un cantiere aperto

Al Nuovo Marco Baliani e Maria Maglietta hanno portato in scena il paradosso filosofico del concetto di identità. Uno spettacolo affascinante che fa riflettere e discutere

Marco Baliani Maria Maglietta

Portare in scena il paradosso filosofico del concetto di identità – si faccia riferimento per questa discussione al paradosso tra i più noti, per esempio  a quello della nave di Teseo – è stata un’impresa ardua, assolutamente non facile in cui si sono impegnati Marco Baliani e Maria Maglietta, in scena ieri sera al Cinema Teatro Nuovo per la rassegnaGocce 2016, con il loro spettacolo “Identità”. Concetto che gli attori/autori calano, attraverso una carrellata di personaggi – presi dalla cronaca e dalla vita reale, fino a dilatarlo in quello di razza, nazione, popolo, classe sociale – su cui l’attenzione viene concentrata dall’uso mirato di luci spot.

Chi sei? Due parole, un interrogativo importante portato in scena da due grandi attori che spiegheranno le sfaccettature dell’incertezza e instabilità ma a volte anche la certezza fatale, dell’identità. Un ritmo intenso, l’atmosfera densa e intima di un racconto che porta alla luce personaggi che si riconoscono perché vicini alla realtà di tutti i noi. Personaggi reali e riconoscibili dove ogni possibile identificazione diventa immediata.

Importante la scena ispirata al Peer Gynt di Ibsen, che paragona l’esistenza e la storia dell’identità individuale, alla cipolla fatta di tanti strati, per cui la vita altro non è che l’insieme di quei momenti, mai veramente vissuti e subito dimenticati, che in realtà danno senso all’esistenza intera.

Identità: un cantiere aperto, fluido e modificabile, ma che diventa pericoloso nel momento in cui si mostra rigido. Un finale commovente e divertente… ma la principessa di borgata riuscirà ad amare il rospo e quindi trasformarlo in principe? Senza perdere la propria identità? Il teatro che fa riflettere, che fa discutere, che affascina.

 

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Pubblicato il 19 Febbraio 2016
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