“Ecco perché mio figlio non ha fatto i compiti delle vacanze”
Un tema molto sentito dalle famiglie e che, non a caso, ha trasformato la lettera di questo genitore, una volta caricata su Facebook, in un post virale che sta facendo il giro delle bacheche del social network

“Buongiorno, mi chiamo Marino Peiretti e sono il papà di Mattia. Vorrei informarvi che come ogni anno mio figlio non ha svolto i compiti estivi”.
Marino Peiretti non si aspettava di certo di alzare un polverone con la lettera con la quale ha giustificato ai professori di suoi figlio il fatto di non aver svolto i compiti delle vacanze. Tant’è che non è la prima volta che condivide questa sua decisione su Facebook: accadde anche lo scorso anno ma non se la filò nessuno.
Quest’anno, invece, la sua lettera ha cominciato a girare di bacheca in bacheca con centinaia di condivisioni. «Non sono proprio felicissimo di questa cosa – racconta papà Marino -. Non intendevo certo creare polemiche o mettermi contro l’istituzione scolastica. Volevo semplicemente condividere una nostra decisione che crediamo essere ben motivata».
Il figlio di Peiretti frequenta una scuola di Varese, l’istituto Vidoletti, «una scuola molto valida dove mio figlio studia anche per tre pomeriggi a settimana». E, compiti a parte, quest’estate non è rimasto con le mani in mano.
«Noi non intendavamo fare nessuna rivoluzione – spiega Papà Marino -, semplicemente abbiamo appoggiato una consistente schiera di esperti che sempre di più si sta interrogando sulla reale utilità dei compiti estivi. La nostra valutazione è stata che nostro figlio poteva riempire la sua estate con numerose attività e coltivare interessi personali in grado di stimolare le sue capacità meglio che i compiti di scuola. E così ha fatto».
La valutazione di questo genitori si allarga anche ad un auspicio: «più utili dei compiti sono quelle attività che permettono di stimolare in nostri ragazzi anche d’estate. Penso agli oratori estivi, ad esempio, ma soprattutto ad attività organizzate che possano spezzare questi lunghissimi 3 mesi di vacanze. Ad esempio nella nostra scuola era stata fatta una lezione particolare sulla programmazione informatica che era piaciuto moltissimo ai ragazzi e che sarebbe continuata con un campo estivo. Queste sono proposte che possono davvero aiutare i nostri ragazzi».
Una scelta, quella dei genitori di Mattia, che non sarebbe quindi frutto di “lassismo educativo” bensì una scelta ben motivata sulla funzione educativa dei compiti delle vacanze. Il padre, infatti, non si è limitato a segnalare l’inadempienza ma la ha giustificata con l’elenco di alcune delle attività didattiche e ricreative svolte durante la stagione estiva dal figlio.
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Non condivido minimamente la lettera del Sig. Peiretti. Anch’io preferirei, invece che lavorare e fare il mio dovere, andare per prati a raccogliere i fiori, fare canottaggio, sistemare la casa e fare giardinaggio…. eppure i miei genitori mi hanno sempre educato al rispetto e alla responsabilità. I compiti delle vacanze non sono altro che uno strumento per preparare i nostri figli al mondo adulto. Ora Mattia crescerà nella convinzione che ci sarà sempre il modo per “evitare” certe scocciature per fare ciò che più gli piace, avvalendosi di avvocati, psicologi e docenti fuori dal coro. Vedremo, caro Sig. Peiretti, cosa accadrà quando Mattia dovrà recarsi sul posto di lavoro tutte le mattine se preferirà far timbrare il cartellino a qualcun’altro per fare i suoi comodi a dare spazio alla sua creatività. Cordiali saluti
Sono insegnante francese (scuola elementare) e sono completamente d’accordo con questo papa. Da 25 anni io urlo che TUTTI i compiti dovrebbero sparire nelle scuole elementare : sono inutili, deleteri, fonte di disuguaglianza e di molto tempo perso.
Molti studi l’hanno provato, ed anche la mia esperienza di insegnante, non ho mai dato compiti, ed i miei alunni non sono più stupidi degli altri !
Il lavoro della scuola si fa a scuola.
È un problema anche in Francia, perché la maggior parte degli insegnante danno compiti ogni giorno, e quando non ne danno, i genitori si lamentano e pensano che è pigro e incompetente.
Non è una questione di didattica, è soprattutto un problema di tradizione e di abitudine : “noi abbiamo fatto tanti compiti, e non siamo morti, quindi perché oggi volete non dare compiti ai bambini ?”.
Scusate se il mio italiano non è correttissimo ma comunque volevo dirlo !
Visto che il signor Peretti è (o è convinto di essere) un così bravo pedagogo, il consiglio è di continuare a istruire suo figlio con l’educazione parentale, visto che i metodi delle scuole non vengono da lui ritenuti proficui.
Potete essere o non essere d’accordo con il papà in causa ma sappiate che anche se siete in tanti a pensarla diversamente, vi state sbagliando di grosso.
In Italia, come nella maggior parte del mondo, ci si è abituati a ragionare in questo modo perché, di fatto, nessuno non ci ha mai mostrato qualcosa di diverso.
Quindi, quando per decine di anni le generazioni scolastiche non hanno visto altro che “compiti per casa”, è frequente scambiare “l’abitudine” con la “normalità” e quindi con “questa cosa è corretta, perché sono in tanti a farla e la stanno facendo da tanto tempo”.
Vi invito a guardare il documentario di Michael Moore sulle metodologie scolastiche in Finlandia … resterete sorpresi. A metà degli anni sessanta, la Finlandia aveva un sistema scolastico compromesso che li hanno spinto a fare una riforma (non come quella di Renzi & Co) attraverso quale hanno portato il loro paese al primo posto nel mondo … ci è voluta però un’intera generazione per fare tutto ciò.
Il loro segreto?
NESSUN TIPO DI COMPITO PER CASA!
I bambini, a differenza nostra, hanno bisogno di molto tempo libero per arricchire le conoscenze perché in tutti c’è una cosa che si chiama “curiosità” che li spinge ad esplorare nuovi orizzonti.
In questo modo loro trovano qualcosa che li interessa e soprattutto che li piace, e tornando a scuola saranno loro ad andare dal professore a chiedere ulteriori informazioni e non viceversa.
Poi, il metodo di valutazione è totalmente errato. Tanto per farvi l’esempio di cui parlava perfino A. Einstein.
Allora, noi tutti siamo diversi: diversi nel apprendere, diversi nel riprodurre ciò che ci è stato insegnato e soprattutto abbiamo interessi diversi per varie materie. Quindi, valutare con la stessa unità di misura, equivarrebbe al fatto che tutti per superare questi ostacoli, dovrebbero essere il clone di un solo individuo che al sistema scolastico “sarebbe idoneo”. In pratica è come se tutti gli animali fossero valutati secondo “chi è in grado di arrampicarsi?” E’ ovvio che le scimmie vincerebbero ma questo non vuol dire che i leoni e gli elefanti sarebbero da punire o rimandati a settembre … capite l’assurdità? Ognuno di noi sarà migliore di un altro in base al tipo di valutazione.
;)
Peccato che io viva molto vicinol sig. Peiretti. Le condizioni, la storia famigliare e le giornate di Mattia sono sotto occhi di tutto il vicinato. Questo “padre”- che millanta metodi educativi straordinari- è esso stesso un esempio lampante di insofferenza a molte regole sociali, igieniche, alimentari ed educative tra le più basilari e semplici. Se i media appurassero la credibilità, prima di dare eco a certi personaggi, ne guadagnerebbero parecchio. Lo dico senza tema di smentite. La verità, in tutto il suo squallore, abita a pochi metri dalla mia porta da molti anni.