Lidia Macchi, una giuria di donne al processo dell’anno

Sei giudici su otto della corte d'assise sono al femminile. Mercoledì atteso un assalto da giornali e tv

stefano binda

Si apre mercoledì 12 aprile, alle 9 di mattina, l’attesissimo processo in corte d’assise nei confronti di Stefano Binda, il 50enne di Brebbia che dal 15 gennaio del 2016 è in carcere, accusato dell’omicidio di Lidia Macchi. L’uomo, un amico di gioventù della vittima, viene ritenuto dalla procura generale di Milano (che ha curato le indagini insieme alla polizia) l’autore del delitto avvenuto il 5 gennaio del 1987. Secondo la procuratrice Gemma Gualdi (che ha sostituito Carmen Manfredda) Stefano Binda (nella foto) in quel periodo era schiavo dell’eroina e Lidia Macchi all’epoca 21enne aveva con lui un forte legame oltre che l’ambizione di salvarlo dalla droga.

Il delitto sarebbe maturato in quel contesto: Lidia si concesse a Binda per la prima volta ma il rapporto fu vissuto male dai due giovani, tanto che Binda, roso dal senso di colpa per aver costretto la giovane a soggiacere ai suoi istinti, la colpì con una lama. L’autopsia del 1987 però concluse che il rapporto sessuale era stato volontario e su questo punto la difesa interverrà sicuramente. Successivamente all’omicidio, secondo la ricostruzione della procura Binda scrisse una poesia anonima ai genitori, in cui raccontò del sacrificio della ragazza in quella notte di gelo a Cittiglio. La polizia, sulla scorta di una testimonianza di un’amica di Binda ha concluso che quella lettera fu scritta dall’indagato. Lo afferma anche un grafologo: l’equazione è che l’autore della lettera sia anche l’assassino.

Binda nega di aver scritto la lettera e dunque si proclama innocente. Afferma che quella notte non era a Cittiglio bensì a una vacanza del movimento cattolico Cl a Pragelato. La polizia ha interrogato molti ex giovani presenti a quella vacanza; la maggioranza non ricorda, qualcuno afferma che Binda c’era, altri che non c’era.

Lidia Macchi Story

(Patrizia Bettoni, la madre di Lidia Macchi)

Per cercare nuove prove, gli inquirenti hanno battute molte strade. Manca da definire che risultati abbiano dato le investigazioni scientifiche. La salma di Lidia è stata riesumata dopo 30 anni, ma nulla finora è emerso tranne che i tecnici stanno indagando su peli e capelli. E’ in programma anche un esame su un reperto di lembo di pelle della vittima conservato dopo l’autopsia del 1987. Altri vetrini furono distrutti per sbaglio nel 2000.

In aula si prevede un assalto di televisioni e giornalisti al tribunale di Varese: la giuria sarà composta da 5 donne e 1 uomo. Il presidente della corte d’assise è Orazio Muscato, un giudice molto esperto e di riconosciuto equilibrio; a latere il giudice Cristina Marzagalli. I testimoni saranno oltre 400, ma dopo la prima scrematura ne rimarranno molti di meno.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 10 Aprile 2017
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