Pd, l’assemblea sarà un “processo” ai dissidenti
Hanno votato contro il sindaco e sono contro l'accordo con la Lega Civica. Paris sosterrà l'accusa politica. MIrabelli avvocato di se stesso

Sarà un piccolo processo. La metafora fa rizzare i capelli, ma l’assemblea cittadina del Pd, il 3 luglio, nasce con questo obiettivo di fondo. Il sindaco Galimberti vuole che il partito si schieri tutto con lui e “condanni” i tre consiglieri comunali che ogni tanto gli votano contro e che non si sono allineati sull’alleanza con la Lega Civica (ex Udc). E’ un processo ma solo metaforico, ovviamente, eppure i ruoli sembrano proprio quelli. Il sindaco Galimberti sarà parte civile, o la parte offesa, perché dai voti contrari di alcuni consiglieri si è sentito danneggiato politicamente. L’accusa sarà rappresentata da Luca Paris, il segretario cittadino, che in realtà è un ragazzo buono come il pane, sia chiaro, ma che ha il ruolo scomodo di contestare ai 3 dissidenti i vari capi di imputazione politica.
Paris svolgerà la sua requisitoria elencando le mancanze politiche dei tre consiglieri. La primo è quella di disobbedienza e toccherà a Fabrizio Mirabelli (nella foto sopra), Luisa Oprandi e Giampiero infortuna. Il primo processato sarà probabilmente Giampiero Infortuna, che ha anche un’aggravante, quella della presentazione di un’interrogazione sgradita (nell’ultimo consiglio comunale ha infatti chiesto una presa di posizione circa le indagini vere, e non metaforiche, che riguardano il Molina e coinvolgono esponenti della Lega Civica).
Il gruppo sarà poi accusato di renitenza alla linea ufficiale del partito, in concorso, ovviamente. Gli accusati si difenderanno da soli, ma possiamo già anticipare quale sarà la linea difensiva di Fabrizio Mirabelli. Sull’accusa di disobbienza, dirà probabilmente che anche altri esponenti di maggioranza hanno spesso votato contro la linea ufficiale ma nessuno li ha sanzionati. Il ragionamento è questo: c’è chi nel Pd si è astenuto nell’ultima votazione sulle chiusura di via Sacco, oppure chi nella maggioranza ha votato contro. La lista Galimberti (di cui il sindaco è il capo) ad esempio ha votato in dissenso col Pd e uno dei suoi esponenti (Iannini) ha votato addirittura con l’opposizione. Inoltre, da tempo, un consigliere del gruppo misto, vota a corrente alternata. Dunque: secondo Mirabelli il “politburo” non gli contesta la libertà di coscienza, ma il suo non-allineamento sulla questione Lega Civica.
Mirabelli smonta la seconda accusa, quella di non renitenza alla linea, affermando che il dissenso sull’alleanza segreta con la Lega Civica non si può sanzionare. E il motivo è che nessuno ha mai detto che c’è un’alleanza con la Lega Civica. Si tratta di argomento un po’ filosofico, se volete, ma la sostanza è che se non c’è l’alleanza (perchè è segreta), non c’è neanche la violazione dell’alleanza. Mirabelli ricorderà infine che il sindaco ha chiesto a tutti consiglieri di firmare un documento sulla legalità dopo l’indagine per un terreno che coinvolge Attilio Fontana mentre una analoga richiesta di legalità non è stato avanzata dal partito, dopo la notizia che sono stati indagati alcuni esponenti politici della Lega Civica per i prestiti sospetti del Molina.
Il giudizio passa dunque alla corte, che sarà l’assemblea del Pd. Giudici popolari, con la presidente che è la consigliera comunale Francesca Ciappina: professione, avvocato. Come il sindaco.
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