Bruno Belli contro la chiusura di via Sacco

L'opinione del noto giornalista varesino sulla volontà di chiudere la via al venerdì: "Perchè non spostare gli eventi dove ci sono molti negozi?"

I venerdì di Bruno Belli (inserita in galleria)

Riceviamo e pubblichiamo l’opinione del giornalista varesino Bruno Belli sulla chiusura di via Sacco per gli eventi serali organizzati dall’amministrazione.

A proposito delle manifestazioni che prevedono la chiusura di Via Sacco mi sono permesso di esprimere a voce che dovrebbe essere il rapporto tra la “qualità” (o l’importanza, se si preferisce) delle proposte e le effettive ricadute in termini di “beneficio” cittadino a contare. Ben vengano questi appuntamenti di svago popolare, ma mi lascia perplesso il persistere sulla scelta del luogo: queste manifestazioni, infatti, potrebbero essere tenute comunque in centro.
Se per i commercianti che collaborano è un fatto positivo avere la gente per le strade, non lo sarebbe ancora di più, se gli svaghi si svolgessero in una delle vie già chiuse al traffico con più negozi come, ad esempio, Corso Matteotti, Corso Roma (modificando solo così il percorso dei bus per un tratto)? Oppure se si organizzassero nella stessa Piazza Repubblica, il vero “busillis” dell’«Amministrazione Galimberti»?
Via Sacco, ancora in modo maggiore da quando fu ideata la linea, poi soppressa, del “trambus”, ha assunto un ruolo di semplice “passaggio” a scorrimento (con conseguente perdita di negozi nel tempo e di “clientela”) che difficilmente si potrà cambiare, salvo che non si modifichi l’intera viabilità a ridosso del centro cittadino.
Mi è stato obiettato che queste manifestazioni sono state richieste, organizzate e pagate dal Comitato di via Sacco, residenti, proprietari e commercianti sostenuti dalla loro associazione di categoria. «Quindi» si è concluso «perché il Comune a loro dovrebbe negare il permesso, per poi sentire anziché le proteste degli automobilisti che passano in via Veratti, quelle di Ascom, commercianti, eccetera…»
Bene: allora cerchiamo di restare pragmatici, seri ed accorti quando si trattano argomenti di tale delicata portata pubblica.
All’obiezione sollevata mi permetto di rispondere movendo da questo interrogativo: se io attivassi, domani mattina, un comitato di Via Dante coinvolgendo il «Liceo Classico Cairoli», perché m’immagino di creare dei “giardini filosofici” tra Via Dante e Via Bertolone, con tanto di passeggiata come attorno al Pecile ateniese, il Comune mi concederebbe apertamente il “placet” per chiudere il sabato sera la strada, almeno fino all’altezza di Via De Vincenti?
Non mi sembra che in Via Sacco ci sia una tale concentrazione di negozi cui recarsi la sera (fatta eccezione per un paio di bar ed uno di calzature) per giungere a chiudere una via fondamentale (che piaccia o no) per il traffico urbano, semplicemente perché i residenti (per lo più studi ed uffici) ed i commercianti sognano una via pedonale, magari rivestiva di un verde praticello e di cipressi ornamentali (gli alberi più “pratici” in città, perché sviluppano le radici a fuso nella terra, invece che allargarle in orizzontale, affinché qualche marciapiede non si sollevi…).
Si potrebbe, semmai, concentrare il tutto lungo via Robbioni, all’angolo di Via Sacco.
E, poi, fatto tra i più ragguardevoli per soppesare i “pro ed i contro”: quanto aumenta, in termini di percentuale, l’introito degli esercizi durante le ore serali del venerdì, purché la musica taccia alle ore ventiquattro, si badi bene, e di rimando quanto soccorra all’addizionale Irpef comunale?
Il gioco vale la candela?
«Le spese non sono a carico dell’amministrazione! Perché negare la concessione degli spazi?» mi è stato ricordato.
Certo che non si nega, tanto più se le casse pubbliche non sono toccate. Inoltre la classe politica di ogni paese (e questa giunta, diciamo le cose come stanno all’atto pratico, è squisitamente politica) ragiona in termini di voti da conservare, o aumentare, per la successiva tornata elettorale, e non precipuamente sulla base delle effettive esigenze della cittadinanza.
Quindi, da un’eternità, si finisce per incappare nell’incapacità di indirizzare seri progetti nel tempo che pretendono scelte ben precise e determinate, che non permettono deroghe, pasticcetti all’Italiana, ecc.ecc.
Si preferisce, invece, non scontentare chi rappresenta i “poteri forti” del commercio, dell’industria (per quel che ne rimane…), dell’informazione…anche se è la maggior parte dei cittadini a subire tutto il peso delle scelte.
In questo, l’amministrazione presente e la precedente non sono affatto differenti tra loro e non lo sarà nemmeno la successiva, se a governare la città sarà sempre la «politica» e non il «civismo», un civismo reale, non certo questo di oggi, chiamato in causa solo come parvenza, ma, di fatto, non coinvolto direttamente, se penso ai mugugni vecchi e nuovi di certi consiglieri eletti nella lista di Galimberti, fuoriusciti o no, o ad altri movimenti “civici” che predicarono l’essere le «sentinelle» della veglia, ma, avendo rappresentanti in giunta, preferiscono per lo più soprassedere o tacere.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Luglio 2017
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