Amazon e i network globali devono trattare con i territori
Per evitare un nuovo feudalesimo digitale bisogna favorire la partecipazione dei lavoratori. Luciano Pero (Politecnico): «Non bisogna competere sulla riduzione dei costi perché produce solo precariato»
Agli italiani piace sempre di più fare acquisti on line. Secondo una recente ricerca di Pwc, il 91% degli intervistati ha dichiarato di effettuare acquisti su Amazon (Fonte Pwc), la piattaforma di commercio online più famosa al mondo. (foto: il professor Luciano Pero)
L’amore degli italiani per lo shopping online, non è corrisposto – almeno in questo momento – dagli autisti dei furgoni che consegnano gli acquisti fatti sulle varie piattaforme perché costretti a sopportare condizioni di lavoro insopportabili. Sono aumentate infatti le vertenze sindacali e gli scioperi per rivendicare alcuni diritti nei confronti delle società che hanno in appalto – ma più spesso in subappalto – il servizio di consegna. Si tratta di rivendicazioni basilari, che si speravano ormai acquisite, come la pausa pranzo, un orario di lavoro e un salario regolari, l’indennità di trasferta e il riconoscimento degli straordinari, visto che lavorano in media dieci ore al giorno.
Questo è uno dei tanti esempi degli effetti di quello che è stato definito «il nuovo feudalesimo digitale», caratterizzato dal privilegio di pochi e dal malessere di molti. Una situazione che si manifesta in questa fase storica soprattutto nei servizi e nella logistica, comparti in cui la soluzione dei problemi non solo sindacali è stata delegata totalmente alla tecnologia e a chi ne detiene la conoscenza.
Secondo Luciano Pero, docente del Mip del Politecnico di Milano ed esperto di organizzazione aziendale, la soluzione esiste perché i modelli organizzativi esistenti sono sempre il frutto di una scelta organizzativa. «Non è detto che si debba subire ogni decisione come ineluttabile, soprattutto quando parliamo di scelte che coinvolgono i territori – spiega Pero -. Bisogna costringere i network globali a trattare e a negoziare una competizione basata su qualità e innovazione. L’errore che invece si fa è di credere che la competizione sui costi possa essere ancora vincente. È un modello che già conosciamo, in grado di generare solo precariato, lavoro nero e scarsissima partecipazione dei lavoratori al processo produttivo».
Nuove piattaforme informatiche abbinate a vecchi modelli organizzativi generano un binomio che non ha prospettive. In Italia esistono però anche molti esempi virtuosi e in controtendenza, soprattutto nel settore dell’automobile. È un cambio di visione totale basato su relazioni industriali propositive e partecipative. «Per approdare a una organizzazione evoluta e promuovere un lavoro intelligente vanno coinvolti i lavoratori nella progettazione dei luoghi di lavoro e delle nuove fabbriche – continua Pero -. Per farlo c’è bisogno di una collaborazione tra operai, tecnici, ingegneri e manager per favorire il lavoro in team, anche tra lavoratori di specialità diverse, e gruppi di progetto».
È una prospettiva completamente diversa dal passato che porta i lavoratori a esercitare un ruolo attivo nel capitale umano cedendo la propria intelligenza all’azienda in cambio di una maggiore remunerazione sotto forma di premio di risultato. Il caso di scuola è la Fiat di Pomigliano dove il contributo dei lavoratori attraverso i loro suggerimenti per migliorare prodotto e processo produttivo è altissimo e ormai irrinunciabile. «Girando per le fabbriche – conclude Pero – ci si rende conto che i lavoratori ancor prima delle rivendicazioni sindacali chiedono di essere ascoltati. E se non si vuole subire lo strapotere e la crescita selvaggia delle piattaforme globali, bisogna tenerne conto».
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