La notte dei Romanov e quella della rivoluzione
Laura Clerici, della lista Cardanoincomune, critica sulla serata che al Circolo Quarto Stato commemora la rivoluzione d'ottobre
Riceviamo e pubblichiamo
La notte dei Romanov
Nella notte tra il 16 e il 17 luglio del 1918 l’ex zar Nicola II e la sua famiglia furono svegliati dalle guardie e, per “motivi di sicurezza”, portati nel sotterraneo della casa Ipat’ev a Ekaterinenburg, dove erano tenuti prigionieri. Qui, mentre il motore acceso di un furgone all’esterno mascherava il rumore degli spari, furono tutti uccisi con efferatezza da un plotone di dieci uomini. Con Nicola c’erano la moglie Alessandra, le quattro figlie, in braccio al padre il figlio minore Alessio, malato di emofilia, tre domestici e il medico. Le pallottole rimbalzavano come chicchi di grandine. Chi non morì subito, fu finito a copi di baionetta. L’intera operazione durò una ventina di minuti.
Mi chiedo se nelle celebrazioni che il Circolo culturale Quarto Stato (divenuto tra l’altro in questa amministrazione l’interregno dell’assessorato alla cultura) ha in programma per sabato 14 ottobre sia contemplata anche quella notte: perché, a pensarci bene, non riesco a immaginare notte più “rossa”, e non certo per lo sventolio di bandiere con falce e martello. L’assassinio dei Romanov, ordinato dallo stesso Lenin che sosteneva che fosse “politicamente necessario sterminare la famiglia imperiale”, resta come tragica pietra miliare di un momento storico: le grandi dinastie erano destinate a tramontare nell’Europa di inizio ‘900, ma la scelta di uno sterminio del genere e l’uccisione di innocenti non è giustificabile. Eppure, a un secolo di distanza, con sorprendente leggerezza e buonumore i cittadini cardanesi sono invitati a festeggiare la caduta degli zar e, evidentemente ciò che ne è conseguito.
Se però qualcuno avesse il coraggio di sostenere che la tragica fine di Nicola II e della sua famiglia sia stato un male necessario a ottenere un bene maggiore, si deve con onestà interrogare sulla bontà del regime instauratosi a seguito della Rivoluzione d’Ottobre. Penso allo sterminio dei kulaki, milioni e milioni di contadini morti di fame, o uccisi, o deportati in Siberia; alla pratica della delazione, diventata lo strumento per eliminare le persone scomode; alla sorte di intellettuali e artisti, perseguitati o costretti all’esilio. Soltanto per ricordare qualcosa.
Nelle terre cardanesi evidentemente permane una simpatia, se non una passione, per le idee di Marx ed Engels : la rivalsa degli operai, la lotta al capitalismo, la rivoluzione…concetti accattivanti, che fanno presa anche sulle menti giovani, non solo su chi lega (con nostalgia) ad esse la sua giovinezza. Ma non è possibile ormai prescindere dalle disastrose realizzazioni storiche che tali idee hanno avuto, ieri come oggi. Solo la mancanza di un senso storico può giustificare la fede in categorie che, per quanto problematiche e intrinsecamente contraddittorie, in altri tempi potevano avere un loro senso, ma oggi risultano sorpassate e inadeguate a un contesto profondamente mutato (come con tali idee si possono sostenere i diritti di una classe operaia sempre più robotizzata, quale aiuto possono fornire per affrontare i problemi dell’ondata migratoria, o per leggere le dinamiche sfuggenti del nuovo capitalismo?).
Al di là di queste considerazioni generali, mi piacerebbe sapere se l’evento in programma incontra il parere favorevole dell’intera maggioranza: se così non fosse, come mi auguro, sarebbe davvero positivo che, seguendo indicazioni già comparse sugli organi di stampa, ci fosse una tempestiva presa di distanza. Il Sindaco rappresenta tutti i cittadini, ma non dobbiamo dimenticare che solo un ristretto numero di elettori cardanesi ha espresso una preferenza per i fans della Rivoluzione d’Ottobre: purtroppo, per meccanismi elettorali e (fatto ancor più problematico) per discutibili compromessi, la parte meno rappresentata ha il peso maggiore nelle decisioni. Anche i bolscevichi non avevano la maggioranza, ma se la sono presa con la forza sciogliendo la Costituente, non vorrei mai che la storia fosse troppo maestra…
Dal 1961 Stalingrado è tornata a chiamarsi Volgograd: spero che il buon senso, storico e non solo, prevalga e si eliminino decisamente i motivi per presentare la nostra città come “la Stalingrado della provincia di Varese”. Per i motivi legati alle elezioni si dovrà attendere un po’, ma sulla cultura si può e si deve intervenire subito.
Laura Clerici
Capogruppo di Cardanoincomune
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