I figuranti nello sguardo di Luciano Bonetti

Il pittore varesino espone nella Galleria Boragno una personale dal titolo Parola di presenze dal 9 al 18 marzo

La luce e il colore sono da sempre una delle chiavi della ricerca artistica. Luciano Bonetti non fa eccezione e lo racconta nel giorno dell’inaugurazione della sua personale all’interno della Galleria Boragno. “Dopo 50 anni eccomi qui. A cercare cosa? La luce, il colore…”

La sua pittura non si ferma a quelle domande e già il suo ingresso nel mondo dell’arte segna un pezzo del suo cammino. “Devo al bar dei miei genitori l’incontro con gli artisti. Ho iniziato a frequentarli e poi la pittura è diventata la mia attività”.

Bonetti sceglie una pittura intensa, che esprima a fondo il proprio stare nel mondo con la tensione di chi non sceglie la cultura dominante.

“Lo studio della fusione dei corpi e della ricerca disperata di unione e incontro in contrapposizione a una società che si muove allontanandosi dall’uomo. Un simbolo forse del disagio che provo nel sentire che l’arte tende a divenire sempre più un mestiere e un’attività commerciale condannata, in molti casi, a cavalcare mode e tematiche di tendenza.

Credo sia da ricercarsi nel mio sentito distacco da questo tipo di approccio e nel profondo desiderio che nutro di dare forma a creazioni che “abbiano sempre e comunque qualcosa di profondo da dire” che ha preso forma la lunga pausa di riflessione da me vissuta artisticamente negli anni ’90. Periodo in cui ho dipinto prevalentemente per me stesso evitando l’aspetto pubblico e utilizzando altre mie capacità per raccogliere il necessario a mandare avanti la mia vita e la mia famiglia”.

Per descrivere un altro aspetto centrale della sua scelta di artista prende a prestito alcune parole di Rainer Marie Rilke che diceva che “Ci sono molte persone nel mondo, ma ci sono tuttavia più volti, perché ognuno ne ha diversi.”

“A me – racconta Bonetti – piace pensare che il mio vero volto sia ancora da scoprire e sia celato fra i volti che prendono forma dentro i miei quadri.

L’arte non doveva essere quindi mercificata ed io non dovevo sacrificare le mie visioni sull’altare del solo consenso economico. Questo pensiero è stato il mio fil rouge, la sottile linea che ho percorso in quel decennio come un equilibrista. Ho lavorato e ho atteso il momento nel quale sarei potuto tornare ad occuparmi solo delle mie emozioni e delle mie creazioni a tutto tondo e soprattutto… senza compromessi. E così, in quegli anni di crepuscolo, ho sperimentato l’abbandono della forma per concentrarmi sul colore affidando a lui tutte le mie sensazioni.

Solo verso la meta’ degli anni 2000 ho ritrovato la voglia di cimentarmi con le figure riprendendo antichi temi e sviluppandoli però verso nuovi orizzonti mischiando così i due stili. Avevo finalmente intenzione di tornare a far sentire la mia voce a livello globale e il tema che mi ha scosso e accompagnato in questa direzione è stato quello dell’indipendenza dal conformismo che permea la nostra società e che viene prevalentemente controllato dai mezzi di comunicazione. E’ in questa direzione che si muovono i miei ultimi lavori. Il mio nuovo “grado zero” parte da un forte bisogno di unicità, dal desiderio di essere sé stessi, di essere veri e coerenti. Fedeli a un ordine superiore che soggiace alle nostre stesse esistenze. Aperti al mondo e alle sue sfaccettature, ma al contempo indipendenti e protagonisti e mai “comparse o figuranti” di una società che ci vorrebbe invece far muovere come fantasmi. Il chiasso di una civiltà scomposta in risposta al quale la voce delle mie tele fa risuonare il richiamo delle fantasmagorie che le popolano e che io dipingo per ricordare a me stesso e a chi le vedrà che “siamo qui e siamo reali” e che, grazie a ciò, possiamo creare ogni possibile realtà. Arricchendoci dei contributi che arrivano da un mondo sempre più interconnesso, possiamo migliorare le nostre esistenze. Possiamo uscire dalle notizie e dalle pagine già scritte per noi e dare vita alla nostra vite invece di farle scomparire indistintamente sullo sfondo trasformandoci in comparse, figuranti, apparizioni senza scopo o fantasmi”.

 

LA MOSTRA

Parola di presenze

dal 9 al 18 marzo

Galleria Boragno in via Milano 4 a Busto Arsizio

ingresso libero da martedì a domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 09 Marzo 2018
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