Il parco ripulito dal figlio sarà dedicato al padre: “Un sogno che si avvera”

Sarà intitolata a Saverio Mayer l'area verde che da oltre un anno e mezzo il figlio sta ripulendo. Con lui la IBICI Calze raggiunse il successo globale

Il "central park" di Busto

Niente più rovi, niente più erbacce e niente più rifiuti. La primavera -per la prima volta- fiorirà in tutta la sua bellezza anche nel grande polmone verde abbracciato tra via Rosolino Pilo, via Turbigo e via Busona. Sono quasi 16.000 metri quadri che da un anno e mezzo Alberto Mayer e alcuni amici (conosciuti nel tempo durante i lavori) stanno liberando e che sabato prossimo saranno intitolati a suo padre Saverio, storico amministratore delegato della IBICI Calze.

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«Il 14 aprile mio padre avrebbe compiuto 100 anni -dice ora il figlio Alberto- e grazie all’assessora Paola Magugliani la vicenda ha avuto un impulso di accelerazione fantastico al punto che sabato alle ore 12 intitoleremo l’area proprio a lui». Un vero e proprio sogno che si avvera perchè da quando iniziò a strappare le prime erbacce Alberto Mayer ha sempre sognato di arrivare a questo traguardo per ricordare il padre.

La targa che sarà installata davanti all’area verde quadri rientra nel percorso “Pietre Vive”, quello cioè dell’intitolazione di alcuni luoghi della città a bustocchi che hanno fatto grande Busto Arsizio, e nel caso di Saverio Mayer dovrebbe riportare questa dicitura:

Saverio Mayer (1918-1995), imprenditore generoso, visionario e innovativo, appassionato cultore della botanica e convinto promotore di stili di vita ecosostenibili a tutela dell’ambiente e della natura

Un riconoscimento non solo di un aspetto poco conosciuto di questo imprenditore -come appunto la passione per la botanica- ma anche e soprattutto il suo ruolo nell’economia della città. Fu infatti lui a fondare la IBICI nel 1956 portando il marchio delle collant in tutto il mondo. Sotto la sua guida l’azienda -che aveva due grandi stabilimenti nella zona, uno dei quali dove oggi sorge il Tigros di viale Pirandello- arrivò negli anni ’80 a fatturare 56 miliardi di lire rendendo abbordabile la “calza riposante” e dando lavoro a 400 persone, ma nonostante questo «tenne sempre un profilo bassissimo non comparendo mai in nessun evento ma rimanendo sempre in famiglia e andando a pescare appena possibile» racconta Alberto. Poi negli ultimi anni «maturò la passione per la botanica, mettendosi a studiare ore ed ore al giorno e scattando foto per quello che avrebbe voluto essere un libro divulgativo che però (poco prima dell’era internet) rimase un sogno non realizzato».

Ora nel suo nome ci sarà un parco, realizzato grazie al lungo e volontario lavoro del figlio Alberto e di Fabrizio Gallazzi, Giovanni Viale, Fabio Formenti e Franco Beliusse, ma per il quale manca ancora qualcosa: «Servirebbe un impianto di illuminazione per rendere più sicura l’area -conclude Alberto- e scoraggiare le troppe persone che ancora abbandonano qui i loro rifiuti».

Marco Corso
marco.corso@varesenews.it

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Pubblicato il 11 Aprile 2018
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