“Salvate la Madonnina” e gli altri appelli per il Castello

Il castello di Belforte appassiona molto più di quello che appare: in diversi cercano di proteggere da anni questo monumento, e alcuni di loro hanno esposto desideri e preoccupazioni

Incontro per il Castello di belforte

C’era una sala piena, con tanti belfortesi e altrettanti appassionati di storia della città e di storia artistica della zona, alla presentazione della partecipazione al bando della Fondazione Cariplo per ottenere un finanziamento per il castello di Belforte.

Evidentemente, il castello di Belforte appassiona molto più di quello che appare, e quello che in troppi definiscono “un rudere” ha dei guardiani che cercano di proteggere da anni e con attenzione questo monumento, che fino ad ora però è stato visto solo degradare.

La caparbietà di Ovidio Cazzola, da oltre vent’anni difensore del castello, che nella serata che presentava la partecipazione dell’amministrazione al bando era al tavolo, era sostenuta infatti –  e ampliata su più punti – da molti appassionati ed esperti in platea, che hanno reso più puntuale l’attenzione per il monumento, e mostrato a politici e soprintendenza che c’è chi ha vegliato e che veglierà sul castello e sui suoi lavori.

«Sarò provocatorio: propongo di assediare il castello di Belforte – ha esordito lo storico dell’arte Silvano Colombo – Perchè, prima di fare tutti i sacrosanti interventi, dobbiamo renderci conto della qualità del sito: una indagine georadar per vedere dove mettiamo i piedi è fondamentale. Perchè non è possibile che non ci sia nemmeno una tomba lì sotto, e perchè è altrettanto impossibile che non ci sia una chiesa li dentro. Siamo certi che l’interessamento al castello porterà anche alle ricerche, che permetteranno di trovare tutto».

«E’ importante quello che il comune sta facendo, anche se va ricordato che tutto quello che è stato fatto, è stato fatto sotto la spinta delle comunità locali – ricorda Giuseppe Terziroli, segretario per i restauri della chiesa di santo Stefano negli anni ’60, assessore negli anni ’80, e ancora oggi attivo nelle Castellanze – Non sarebbe successo niente per santo Stefano a Bizzozero, non ci sarebbe stata la rinascita di sant’Imerio a Biumo, e nemmeno si parlerebbe del Castello. Gli studi dicono che lì è certo che c’era un insediamento religioso, che nel 700 è stato riportato alla chiesa del Lazzaretto. E in più bisogna ridare la memoria storica a quel sito che era stato anche in tempi più recenti vissuto da 35-40 famiglie dedite all’agricoltura: dobbiamo rispolverare il carattere etnico e antropologico, oltre al carattere storico che è preso in considerazione».

«E della famosa madonna dimenticata del ‘400 cosa farete? – aggiunge Laura Pantaleo Lucchetti, giornalista e “belfortese appassionata” – Quell’affresco fa pensare che abbiano ragione Alfredo Lucioni e Renzo Talamona, che hanno rivenuto documenti sulla perduta chiesa di san Materno, chiesa non può che essere nel castello di Belforte»

Anche l’architetto Franco Prevosti si sofferma sull’affresco, che «E’ dello stesso periodo degli affreschi nella chiesa di santo Stefano, ma piu interessante. Un’opera che fortunatamente non si può portare via».

Le risposte del sindaco alle preoccupazioni di esperti e abitanti sono state immediate: «Le ispezioni e le verifiche di cui parlate hanno come elemento preliminare l’ottenimento dei finanziamenti: quindi è necessario concentrarsi innanzitutto su questi – ha spiegato Galimberti – Ma la soprintendenza richiederà certamente attenzioni puntuali fin dall’inizio: per questo abbiamo bisogno di aiuto e suggerimenti, che progettisti e assessori considereranno insieme alla sovrintendenza».

Perchè, è innegabile che: «in un intervento di recupero come questo ci sono notevoli difficoltà, ma è altrettanto vero è che è importante partire. con un approccio graduale, man mano che ci sono le risorse, ma bisogna farlo. Per questo siamo qui direttamente nel quartiere: potevamo fare la presentazione della richiesta del bando in una qualunque altra sala, ma abbiamo preferito farlo qui perchè si tratta innanzitutto di una iniziativa di quartiere, pur rientrando in un ambito di riqualificazione turistico culturale dell’intera città».

A cui l’intera città può mostrare di saper contribuire: per questo il sindaco ha più volte ricordato lo strumento dell’”Art Bonus”: «Si tratta di uno strumento che consente alle aziende di investire denari nel’arte e ottenere per questo un grande credito di imposta – ha spiegato Galimberti – Con questo strumento sono stati fatti recuperi importanti, e vorremmo che fosse utilizzato con il Castello come con altre realtà».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 31 Maggio 2018
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