“Dobbiamo tutelare i nostri prodotti”

Parla Matteo Borra che conduce 35 ettari di terra nel Parco Altomilanese: "Non ci sono utili. L'Unione Europea non ci ha aiutati". I cambiamenti climatici cominciano a pesare

agricoltura parco alto milanese

Il nostro terzo appuntamento tra gli ultimi contadini del Basso Varesotto ci porta da Matteo Borra, che gestisce 35 ettari di terreno all’interno del Parco Alto Milanese e l’azienda agricola La Frisona.

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La maggior parte sono coltivati con cereali, soprattutto frumento e triticale (ibrido tra frumento e segale), e che, a raccolto ultimato, vengono rispettivamente trasformati in pane o venduti come mangimi. La parte restante del terreno è coltivata con prodotti ortofrutticoli e comprende anche i campi lasciati a maggese e un pollaio. Verdure e uova sono vendute all’ Orto nel Parco, una sorta di spaccio a chilometro zero.

«Il problema principale – spiega Matteo  – è la concorrenza estera, che vende ad un prezzo inarrivabile per noi. Se unito con la poca tutela del prodotto autoctono è un circolo vizioso difficile da rompere. Dovremmo fondare un consorzio, in grado di ritirare i prodotti e tutelarli in maniera efficace».

Questo ha ridotto di molto anche i margini di investimento nel miglioramento delle attrezzature: «Negli ultimi tempi, alla fine dell’anno, posso solo sperare di chiudere in pari, il che non ti dà neanche la possibilità di investire per migliorare la qualità e le strutture».

Ma un agricoltore, oggi, deve combattere anche contro il cambiamento climatico e la poca coscienza ambientale di alcuni frequentatori del parco: «Tra conigli e piccioni che danneggiano i raccolti, il clima che non dà certezze e l’inquinamento, bisogna sempre pensare 3/4 settimane avanti. Senza parlare poi del poco rispetto che mostrano alle volte i frequentatori del Parco».

Un problema comune a tutti gli agricoltori, finora, è stato l’ereditarietà del mestiere. Iniziati già da bambini dai padri, mandano avanti l’attività di famiglia e M. non fa eccezione. Purtroppo però è una tradizione che si sta un po’ perdendo, e il ricambio generazionale scarseggia: «Si svendono i terreni appena muore chi ha mandato avanti il campo da sempre. Nonostante sia un investimento che non può perdere di valore, oggi si preferisce svendere che continuare. In parte perché non dà utile, in parte per le politiche sbagliate. La PAC (politica agricola comune attuata dall’Unione Europea, ndr) per esempio ha avuto l’effetto di svalutare i prodotti locali che non possono competere con quelli esteri a livello di prezzi. L’agricoltore adesso si deve reinventare, fare attività parallele per arrotondare gli eventuali imprevisti. E deve soprattutto essere consapevole del valore che ha il prodotto che si mangia tutti i giorni. La grossa distribuzione, per suo interesse, produce prodotti che devono durare, snaturandone il sapore e l’identità».

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Pubblicato il 21 Giugno 2018
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