Don Stefano saluta Arsago e Casorate

Parroco dei due paesi dal 2009, è stato nominato parroco dei quartieri milanesi di Lambrate e Ortica. Nell'intervista il racconto di nove anni intensi

141Tour  Arsago Seprio: le persone

Dentro al suo popolo e sempre social, don Stefano Venturini in questi giorni ha chiesto anche aiuto ai suoi contatti, per recuperare gli scatoloni per il trasloco. «Ora sto preparando i libri» ci dice oggi, a distanza di tre giorni dal primo annuncio ufficiale: il parroco di Casorate Sempione e Arsago Seprio lascia i due paesi del Varesotto, chiamato dall’arcivescovo a guidare le parrocchie milanesi di Lambrate e Ortica. 

Il trasferimento è previsto alla fine dell’estate. «Ai primi giorni di settembre» spiega. «Don Giuseppe Baj è oggi viceparroco, subentrerà come responsabile della Comunità Pastorale, quindi parroco di Arsago e Casorate».

«In questi giorni – racconta – molte persone mi vengono a dire che ho battezzato i loro figli, ho celebrato il loro matrimonio, ho dato l’unzione ai loro genitori. Mi porto via una sensazione di profondo coinvolgimento affettivo, senti che la tua vita è stata significativa per tante persone. Mi porto via anche la percezione di una radicata disponibilità delle persone: per quanto si dica che i varesotti siano freddi, ho avuto l’esperienza di una presenza sempre viva, anche nel volontariato nelle parrocchie. Una cosa che a Milano mancherà è il rapporto distinto ma collaborante con l’istituzione civile, che abbiamo vissuto sui temi dell’educazione, del contrasto alla povertà. Un rapporto che ha avuto un momento molto visibile nella festa di San Tito a Casorate (nel 2016, ndr) e nell’Anno Arnolfiano ad Arsago (l’anno in corso). Sicuramente da questo punto di vista a Milano la collaborazione sarà più anonima».

Casorate Sempione Generico
Don Stefano Venturini e don Giuseppe Baj (foto dalla pagina Facebook degli oratori di Casorate e Arsago)

Milanese, ordinato sacerdote nel 1990, don Stefano Venturini ha vissuto il suo ministero a Milano (prima nella periferia estrema del Corvetto, poi nella zona di “Chinatown”) e poi dal 2003 al 2009 a Gallarate, prima di divenire parroco. Cosa si aspetta dal ritorno a Milano?
«Io manco da Milano da quindici anni: credo che da tanti punti di vista Milano sia cambiata, per motivi sociologici, per infrastrutture, per il ruolo della città. Mi aspetta un modo di fare il prete che credo sarà più “fluido”, meno legato a momenti e appuntamenti. Richiederà di giocarsi maggiormente, di persona, ancora più che qui».

Anche in un contesto più ampio… «In realtà le due parrocchie insieme fanno 12.500 abitanti, dunque poco più grande degli 11mila abitanti di Arsago e Casorate. Sarò affiancato anche da altri due sacerdoti».

Al di là di San Tito e dell’Anno Arnolfiano, quali sono i momenti che più di tutti porta con sé, di questi anni? «C’è stata una fase molto difficile, a fine 2014, quando ho perso nello stesso momento mio padre e due sacerdoti (don David, morto improvvisamente a Casorate) e don Giuseppe (che era già via da Casorate, ma che sentivamo come uno di casa). Un’esperienza che è stata molto toccante, credo sia stato un momento che mi ha fatto crescere tanto: un conto è predicare della morte e del lutto, un conto predicare nella morte e nel lutto. Un momento da un lato tragico, dall’altro maturante. Poi ricordo anche la visita di Scola a San Tito e la vista di Delpini per l’Anno Arnolfiano, in cui si è visto il rapporto forte della gente con l’arcivescovo di Milano, indipendentemente dalla figura che lo incarna in quel momento. Il momento più rasserenante sono poi i tanti grazie, il tanto affetto di questi giorni».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 26 Giugno 2018
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