La “caccia” al picasass sopravvissuto al Titanic

Claudio Bossi, appassionato studioso del naufragio più famoso al mondo, sta ricostruendo nei dettagli la vicenda di Emilio Portaluppi, scultore partito dalla Valceresio per il Vermont. E lancia un appello per risolvere uno dei piccoli enigmi della storia

Emilio Portaluppi sopravvissuto naufragio Titanic

Sono passati 106 anni dal naufragio del Titanic, ma la ricerca storica sul naufragio più famoso del mondo non si ferma mai. Si aprono nuovi musei (come quello di Belfast, diventato principale attrazione della città del Nord Irlanda), si inaugurano mostre. E si scrivono libri: tra gli autori più prolifici c’è Claudio Bossi, da Oggiona con Santo Stefano. Che ora si sta dedicando a una nuova ricerca concentrata su un sopravvissuto italiano: Emilio Portaluppi, emigrante partito da Arcisate, in Valceresio, allora provincia di Como.

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Emilio Portaluppi, il picasass sopravvissuto al naufragio del Titanic 4 di 11

La storia inizia dalla povertà e dalla pietra. La povertà da cui scappavano gli abitanti della Valceresio (allora in provincia di Como), la pietra della valle che aveva fatto crescere generazioni di scalpellini. Da qui Portaluppi – che era nato il 15 ottobre 1881 ad Arcisate – partì nel 1903. Destinazione: Barre, Vermont, la capitale del granito USA dove arrivarono scalpellini da tutta Europa e che divenne anche una piccola capitale degli anarchici. Come l’apostolo anarchico Elia Corti da Viggiù, anche Portaluppi da scalpellino si trasformò in scultore e vero artista: mentre a Barre infuriava la guerra tra anarchici e socialisti, lui si trasferì a Milford, NewHampshire, dove lavorò come scultore alla Tonella & Sons Granite and Manufacturing Company.  Si sposò nel 1903 con una compaesana emigrata e nel 1911 tornò in Italia, forse per riprendere il rapporto con la moglie (da cui si era nel frattempo separato) e con la figlia Ines. Poi nel 1912 riprese la via dell’Oceano, viaggio di seconda classe sulla nave più moderna del mondo: il Titanic   (dall’articolo del 2012).

La ricerca su Emilio Portaluppi è passata da fonti scritte man mano archiviate da Bossi, ma anche da racconti di testimoni e dalla documentazione custodita negli archivi. A partire dal paese d’origine: «Non ci sono molto informazioni ad Arcisate: né in parrocchia né in altre istituzioni si trovano grandi tracce» racconta Bossi. «Mentre ad Alassio, dove si trasferì da anziano, se lo ricordavano bene e ho potuto raccogliere dettagli e racconti inediti». In parrocchia si trova traccia del padre Carlo (nato nel 1846), che è il primo dei Portalupi registrato nel paese della Valceresio.

Il capostipite Carlo compare anche in un bel ritratto scolpito nella pietra sulla pietra di famiglia, nella foto che apre questo articolo. È qui che si presenta uno dei tanti enigmi su cui sta lavorando Bossi: «Nella tomba di famiglia compare una Ines Portaluppi con la data del 1900, che potrebbe essere la data di morte. Non è la figlia di Emilio Ines, ma un’altra parente». L’ipotesi di Bossi è che si possa trattare di «una zia, che porterebbe il nome Portalupi, ma potrebbe anche essere una sorella non conosciuta»: scomparsa nel 1900, avrebbe poi a sua volta dato il nome alla figlia di Emilio, come si usava spesso nelle famiglie di un tempo. Da qui l’appello che viene lanciato anche a livello locale, per arrivare a capire qualcosa di più sulla famiglia (Claudio Bossi si può contattare con messaggio alla pagina Facebook “Titanic di Claudio Bossi”).

Emilio Portaluppi sopravvissuto naufragio Titanic

Nella ricerca di Bossi confluisce anche il racconto inedito che VareseNews ha pubblicato nel 2012: a poche ore dalla pubblicazione di un primo articolo dedicato a Portaluppi, infatti, alcuni eredi residenti in Connecticut e New Jersey contattarono VareseNews. Portando anche un racconto inedito dell’ultima visita negli Usa di Emilio, che aveva cittadinanza americana ma passò la fase finale della sua vita ad Alassio.

Claudio Bossi sarà sabato 27 ottobre a Brusimpiano, per una conferenza. Qui tutte le info

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 23 Ottobre 2018
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