Uno striscione per “Dede” fuori dallo stadio Franco Ossola

Daniele Belardinelli, 39 anni, è il tifoso morto in seguito agli scontri di Milano. Altri due elementi di spicco della curva sono deceduti in seguito a fatti di cronaca nel 2003 e nel 2005

Generico 2018

È comparso uno striscione fuori dallo stadio Franco Ossola, la “casa” del Calcio Varese: all’ingresso dei Distinti, sul cancello rosso, è stato appeso un lenzuolo con la scritta “Riposa in pace fratello Dede” firmato Fronte Ribelle 1993, il gruppo dei tifosi dell’Fbc Saronno da sempre gemellato con la tifoseria varesina, a sua volta unita da un patto di ferro con la Curva Nord dell’Inter.

La morte di Daniele Belardinelli, “Dede”, capo riconosciuto dei Blood Honour ha colpito il mondo ultras, varesino e non. Sono innumerevoli i messaggi di cordoglio postati sui social network e altrettanti sono i post dei vari gruppi del mondo del tifo organizzato: le tifoserie di Piacenza, Lazio, Inter (ma anche quella della Pro Patria, rivale storica dei biancorossi) sono solo alcune di quelle che hanno voluto ricordare il 39enne morto a Milano. Belardinelli era rimasto gravemente ferito prima della partita Inter – Napoli di Santo Stefano, investito da un’auto nel corso degli scontri avvenuti in via Novara, a due chilometri circa dallo stadio di San Siro.

Belardinelli non è il primo ultras Blood Honour morto in seguito ad episodi di cronaca nera. Il primo fu Saverio Tibaldi, all’epoca 30enne, nato a Grazzanise (Caserta) ma radicato a Varese nel quartiere Bustecche, capo storico del gruppo di tifosi legato all’estrema destra, ucciso a coltellate nel 2003 fuori da una discoteca a Torremolinos, in Andalusia, dove era latitante (doveva scontare una condanna definitiva a 11 mesi per lesioni). Le sciarpe e gli striscioni (ma anche i tatuaggi) “Saverio presente” campeggiano da allora al collo dei tifosi e sugli spalti degli stadi frequentati dagli ultras varesini.

Fu ucciso da due coltellate all’addome Claudio Meggiorin, 23 anni, di Besano, anche lui vicino agli ambienti della curva varesina: era il 2005, il diverbio nacque all’esterno del bar dove lavorava Meggiorin insieme alla sua ragazza. Ad ucciderlo due giovanissimi ragazzi albanesi, arrestati subito dopo la rissa mortale e condannati (uno a 30 anni e l’altro, all’epoca minorenne, a 9 anni e 4 mesi). Dopo l’omicidio i gruppi ultras vicini ai Blood Honour organizzarono una manifestazione in centro città, seguita dal pestaggio ai danni di un cittadino albanese, fatti che portarono alla condanna per lesioni aggravate di due appartenenti al gruppo ultras. Come per Saverio, anche il ricordo di Claudio Meggiorin, o “Claudino” come lo chiamavano amici e compagni di tifo, è impresso sugli striscioni allo stadio e sui corpi degli appartenenti alla curva biancorossa. Ora succederà la stessa cosa con il terzo “martire” dei Blood Honour, Daniele Belardinelli, “Dede”, per anni il capitano della curva del Varese.

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Pubblicato il 28 Dicembre 2018
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