Paghi l’acconto ma la macchina non c’è: in aula venti truffati

Tre gli imputati per fatti che risalgono a circa sette anni fa. La rabbia dei gabbati: “Ho pagato 31 mila euro ma l’auto non mi è mai stata consegnata“

Avarie

La macchina in vendita per 14 mila euro: 2 mila di acconto, 7.500 a titolo di prima tranche del saldo prima dell’immatricolazione.

E poi? E poi basta, niente auto.

Un esempio, un incubo successo a uno dei tanti clienti del “multi marche“ di Biandronno (che oggi ha cambiato gestione e i cui proprietari nulla hanno più a che fare con le accuse mosse dalla Procura) presenti questa mattina, venerdì al piano terra del tribunale di fronte alò giudice monocratico al centro di un procedimento penale per truffa che vede imputati fratello, sorella e un terzo socio.

Questa mattina sono state sentite due parti offese – ma non costituitesi parti civili – che hanno spiegato il meccanismo patito in costanza dell’acquisto dell’auto che tecnicamente non era di proprietà del rivenditore ma della concessionaria locale e in alcuni casi della casa madre, e che al momento della firma degli assegni veniva restituita ai legittimi proprietari: non gli acquirenti, ma le case produttrici o le concessionarie che le avevano “prestate“, date in esposizione.

Il primo dei testi ha raccontato di essere stato sottoposto al raggiro tra maggio e agosto del 2012; il secondo teste attorno al gennaio 2013.

«Questo prova la volontà di voler intascare il maggior numero di soldi possibili da parte dei tre imputati prima della chiusura dell’attività, che ha lasciato tutti a bocca asciutta – ha spiegato l’avvocato varesino Andrea Boni che patrocina alcuni dei querelanti per truffa – Ora attenderemo di vedere gli sviluppi nel processo e ascolteremo i rimanenti testimoni, altri 6, l’11 settembre».

Prima dell’udienza, fuori dall’aula, c’era fermento: gente con le carte in mano che attendeva di ascoltare i testi: erano i truffati, in tutto una ventina, per 22 capi di imputazione che riguardano anche il reato di falsità in scrittura privata (oltre che a quello di truffa) ai danni di un cliente di origine africana di cui vennero fotocopiati i documenti per “indurre“ – scriveva il pubblico ministero – “in errore“ l’istituto bancario a cui le parti si rivolsero per erogare il finanziamento.

«Ho pagato 31 mila euro per la mia Mercedes – ha spiegato il signor Giordano fuori dall’aula – e non ho potuto neppure sedermi al volante: al momento di comprarla l’auto era volatilizzata. Non c’era più. Ora vorrei giustizia».

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Pubblicato il 05 Luglio 2019
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