L’Italia possiede 2.452 tonnellate d’oro

Il loro valore supera i 100 miliardi. La Banca d'Italia è il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e il Fondo monetario internazionale

lingotti oro apertura

Negli ultimi tempi si è parlato spesso delle riserve auree custodite dalla Banca d’Italia, in particolare nella prospettiva di manovre aggiuntive o di attivazione delle clausole di salvaguardia che farebbero scattare l’aumento dell’Iva. Prospettiva che va letta tenendo conto di un’altra scadenza importante relativa all’oro di Stato. Si tratta del Central bank gold agreement che il 26 settembre prossimo terminerà di produrre i suoi effetti. In base a quell’accordo, sottoscritto a Washington vent’anni fa, le maggiori banche centrali dell’eurozona, a cui si aggiunsero quella svizzera e  svedese, si impegnavano a limitare le vendite delle loro riserve di oro. Con il venir meno di quell’impegno ora che cosa accadrà?

Il primo effetto di quel vincolo è stato l’aumento negli anni del valore delle riserve auree delle banche centrali, compresa quella italiana. Il Belpaese può contare infatti su 2.452 tonnellate di oro, costituito prevalentemente da lingotti (95.493) e per una parte minore da monete. Questo tesoro è custodito in buona parte nel caveau della Banca d’Italia e in altre tre piazze finanziarie, le più importanti, dove viene negoziato per avere la possibilità, in caso di necessità, di poter vendere rapidamente e di minimizzare i costi legati al trasporto del metallo. Si tratta di Regno Unito con 141,2  tonnellate (5,76%), Svizzera 149,3 (6,09%), Usa 1.061,5 (43,29%) e, appunto, Italia con 1.100  tonnellate (44,86 %). Alla Bce l’istituto di via Nazionale di tonnellate d’oro ne ha conferite 141. Il valore complessivo di questa riserva è di oltre 100 miliardi di euro.

La Banca d’Italia è il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e il Fondo monetario internazionale. Le riserve auree hanno la funzione di rafforzare la fiducia nella stabilità del sistema finanziario italiano e della moneta unica. Questa funzione diviene più importante quando le condizioni geopolitiche o la congiuntura economica internazionale possono generare rischi aggiuntivi per i mercati finanziari (ad esempio, crisi valutarie o finanziarie).

Secondo le regole contabili adottate a livello di eurosistema, l’oro è valutato ai prezzi di mercato di fine esercizio. Non è soggetto al rischio di solvibilità in quanto non è “emesso” da alcuna autorità (ad esempio, governo o banca centrale). Inoltre, l’oro presenta una serie di caratteristiche che lo contraddistinguono da gran parte dei metalli presenti in natura. Allo stato puro è quasi del tutto incorruttibile, non arrugginisce e non si ossida, è facilmente trasportabile e conservabile ed è agevolmente lavorabile grazie alla sua elevata duttilità. Queste peculiari caratteristiche, sommate alla scarsità in natura, hanno reso storicamente l’oro uno strumento efficace per misurare il valore dei beni e come mezzo di pagamento.

Alla luce delle sue caratteristiche e delle sue funzioni specifiche, l’oro può essere utilizzato dalle banche centrali per diversi motivi, sia per scopi finanziari, sia per variare il livello delle riserve; l’oro può essere poi dato in deposito per ricavare un reddito e infine può essere utilizzato come garanzia per ottenere dei prestiti sul mercato.

Il quantitativo d’oro di proprietà dell’Istituto è frutto di una serie di eventi avvenuti negli oltre 120 anni di storia della Banca. Nel 1893, la fusione dei tre istituti di emissione (la Banca Nazionale del Regno d’Italia, la Banca Nazionale Toscana, la Banca Toscana di Credito) diede vita alla Banca d’Italia con una propria dotazione aurea iniziale. La riserva aurea aumentò negli anni fino all’avvio della seconda guerra mondiale, per poi raggiungere il suo minimo alla fine del conflitto, anche a seguito dell’asportazione di una parte di esso ad opera delle truppe di occupazione.

Nel dopoguerra, l’Italia divenne un paese esportatore e per tale motivo beneficiò di cospicui afflussi di valuta estera, soprattutto in dollari, che vennero utilizzati anche per convertirli in oro. Un caso di utilizzo dell’oro è avvenuto nel 1976 quando fu dato a garanzia di un prestito ricevuto dalla Bundesbank. Alla fine degli anni 90, a seguito dell’acquisto dell’oro residuo di disponibilità dell’Ufficio italiano cambi e al conferimento di una parte delle riserve alla Bce in occasione dell’avvio dell’Unione economica e monetaria, la riserva aurea si attestò alle attuali 2.452 tonnellate.

Annualmente la società di revisione, che certifica il bilancio della Banca, effettua una verifica su tutto l’oro detenuto a riserva nei locali di sicurezza di Via Nazionale, in collaborazione con il Servizio Revisione interna della Banca d’Italia. Le verifiche sull’oro detenuto all’estero sono effettuate sulla base delle attestazioni rilasciate annualmente dalle banche centrali depositarie. Qualora la Banca d’Italia decidesse di sottoporre a verifica diretta l’oro detenuto presso le altre banche centrali, peraltro già dichiaratesi disponibili in tal senso, si dovrebbe agire sulla base di procedure concordate con le medesime, tendenti ad assicurare la massima riservatezza e sicurezza dell’ispezione. (fonte Banca d’Italia)

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Pubblicato il 17 Agosto 2019
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