Giovane trovato in fin di vita sulla strada: indagato l’uomo che chiamò i soccorsi

Secondo gli inquirenti, ad investire Gaetano Banfi, deceduto poco dopo il ricovero in ospedale, sarebbe stato proprio il trentenne che diede l'allarme

ambulanza notte incidente

(Immagine di repertorio) – Arriva una svolta nell’inchiesta per la morte di Gaetano Banfi, il ragazzo di 22 anni ritrovato agonizzante in via Pasquale Paoli, a Como, la mattina del 20 ottobre scorso. Il giovane era poi deceduto poco dopo il ricovero in ospedale e fino ad oggi sembrava un caso destinato a rimanere senza un colpevole.

Invece le indagini della Polizia non si sono mai fermate e a poco meno di tre mesi da quel fatto che scosse tutta la città, è stato indagato l’uomo che chiamò i soccorsi.

Ad investire Gaetano Banfi sarebbe stato proprio il trentenne che diede l’allarme sostenendo di essersi imbattuto nel ragazzo già a terra e privo di conoscenza. Secondo la ricostruzione degli inquirenti il trentenne, invece, investì il giovane che probabilmente si trovava già a terra in un tratto poco illuminato di via Paoli. L’accusa per lui è quella di omicidio stradale, a cui si aggiunge quella di omissione di soccorso dal momento che secondo i rilievi effettuati dagli inquirenti passarono più di 10 minuti dal primo passaggio alla chiamata al 112.

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Pubblicato il 08 Gennaio 2020
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  1. apetraccone
    Scritto da apetraccone

    Il primo commento che mi viene da fare è perché accusare di omicidio stradale l’investitore se, come si legge dall’articolo, il malcapitato “probabilmente era già a terra” in un punto poco illuminato. Quindi si presume che l’investitore accusato non sia stato il primo ad investire il pedone, oppure il pedone era già a terra per altre cause. Chiunque in quella situazione non vedendo un corpo a terra perché molto buio l’avrebbe potuto nuovamente investire. Sarebbe da accusare di omicidio stradale chi l’ha investito e sbattuto a terra per primo con anche l’omissione di soccorso perché l’ha lasciato lì e non ha prestato subito soccorso. Poi, si dice che l’accusato ha chiamato i soccorsi dopo 10 minuti il passaggio. Come hanno stabilito il momento esatto del passaggio? Mi viene da pensare che dai tabulati telefonici e le triangolazioni il cellulare dell’accusato si è agganciato alla cella telefonica 10 minuti prima. Ma ciò non è sufficiente a stabilire Il momento esatto dell’arrivo sul posto e dell’investimento, perché l’aggancio alla cella potrebbe essersi attivato anche diversi chilometri prima del punto in cui è accaduto il fatto. Poi mettiamoci l’agitazione, il cellulare che al momento per qualche minuto non prende 10 minuti possono considerarsi ragionevoli e non una aggravante di omissione o ritardato soccorso. Spero che se ne venga a capo perché da quanto descritto nell’articolo la situazione lascia veramente perplessi, e veramente c’è da stare attenti sulla strada perché potrebbe accadere a chiunque di trovarsi in situazioni spiacevoli con alla fine delle accuse dalle quali doversi difendere se soprattutto si è in buona fede ma non lo si può dimostrare a pieno.

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