La vita nella Silicon valley passa anche dal Terún

Una giornata fitta di incontri con Google, Apple, l'università di Stanford e lo Slac dove si fa ricerca sulle particelle atomiche. Il tour è poi finito con una cena in un locale di giovani italiani a Palo Alto

Generico 2018

Da San Francisco a Mountain view, da Stanford a Paolo Alto. L’informazione, le auto costruite con le stampanti 3D, la guida autonoma, la ricerca alla caccia delle particelle atomiche, i nuovi scenari dell’informatica e una start up a base di pizza.

Una giornata a pieno ritmo per la techmission di Confindustria Lombardia e Univa nei principali centri della Silicon valley.

Sei incontri per scoprire in una giornata i tanti scenari aperti in un lembo di terra dove si respira l’innovazione e la voglia di intraprendere sempre nuove imprese.

Il primo appuntamento è nel centro di San Francisco con la Local Motor, l’azienda dove si producono le prime macchine open source del mondo. La società fondata si fonda sui principi dei makers. I modelli sono crowdsourced, così come la selezione delle componenti, per lo più di serie. Non brevetta idee: il punto è proprio quello di diffonderle, in modo che gli altri possano elaborarle e magari migliorarle per il beneficio di tutti. E nemmeno tiene vere e proprie giacenze in magazzino, perché vende componenti e prepara kit soltanto dopo che gli acquirenti hanno versato un acconto e concordato una data di fabbricazione.

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L’auto è uno dei mercati che ha movimentato di più la Silicon valley negli ultimi cinque anni. Lo racconta Marco Pavone che dirige il laboratorio di guida autonoma nel dipartimento di aeronautica e astronautica all’università di Stanford. Dopo aver lavorato alla Nasa per la missione su Marte, ora si occupa di guida autonoma con un team di ricercatori all’interno di una delle più prestigiose università degli Stati Uniti.

“Ogni vent’anni qui c’è un grande cambiamento. Oggi si lavora sull’intelligenza artificiale. La mia missione è costruire robot capaci di prendere decisioni”.

Pavone ha presentato lo stato della ricerca in un settore che sta avendo sempre più attenzione. “Nel 2014 le aziende che operavano qui si contavano sulle dita di una mano, cinque anni dopo non si riesce più a inserirle nella mappa per quante sono. Di fatto tutte le aziende automobilistiche, ma non solo quelle, si stanno occupando di ricerca, anche se arrivare a una fase di reale guida autonoma completa richiederà ancora tanto tempo, forse un decennio”.

Un’altra esperienza di ricerca è lo Slac (Stanford, linear accelerator center) dove si trova un acceleratore di particelle in attività da decenni. Enzo Carrone, pugliese di origine, ha tenuto una vera e propria lezione di fisica quantistica affascinando tutto il gruppo della techmission. Ha poi proseguito raccontando la sua esperienza nella Silicon valley smontando anche alcuni miti.

“Qui c’è il mito del fallimento come possibilità di sbocco di una iniziativa, ma non incontrerete mai persone che hanno fallito, perché chi non ce la fa se ne va. Questo territorio è un vero ecosistema per la start up. Una esperienza che non può essere replicata per tante ragioni a partire dalla disponibilità di grandi capitali. Non è solo quello però, perché malgrado la sensazione di precarietà che si vive, qui c’è sempre grande ottimismo e lo si avverte in ogni momento”.

Carrone è stato anche critico con tanta narrazione che si fa della Silicon valley, non per smontare tutta l’esperienza, ma per sottolineare come sia molto pericolosa l’idea di tanti leader delle grandi digital company come Facebook di voler essere superiori a tutto. “Loro pensano che Washington sia indietro di 50 anni e che non capiscano il futuro. Vorrebbero essere liberi di lavorare come vogliono, ma questo apre tanti temi etici e sociali”.

L’ingegnere pugliese ha chiuso la sua relazione con un ringraziamento a tutta la delegazione. “Grazie per la forza con cui continuate a mantenere il paese in movimento. I veri eroi siete voi”.

Prima degli incontri a Stanford, la techmission aveva fatto una tappa a Mountain view per incontrare Richard Gingras, vicepresidente di Google e responsabile dell’area news. Al centro il tema dell’informazione e della rivoluzione digitale che stiamo vivendo.

“Google è vicina al mondo del giornalismo e comprendiamo la fatica che molti giornali fanno in questa epoca di trasformazione, ma non ha senso prendersela con noi per quanto stiamo vivendo. L’informazione è cambiata, perché il mondo è cambiato”.

Gli ultimi due appuntamenti sono stati a Palo Alto nei locali del ristorante Terún fondato da tre calabresi. Un’esperienza che è ancora una sorta di start up anche se è già entrata nelle classifiche delle migliore pizzerie negli Stati Uniti. Maico ha raccontato lo sviluppo del progetto da quando i due fratelli erano arrivati da queste parti iniziando come lavapiatti.

Nel locale si è tenuto anche l’incontro con Paolo Sacchetto. Laureato in ingegneria al Politecnico di Milano, Paolo vive qui da vent’anni e da una dozzina ricopre un importante incarico in Apple. Si occupa dei display dei vari device di una delle più popolari aziende al mondo. È stato tempestato di domande anche legate alla sua conoscenza diretta di Steve Jobs e dei cambiamenti intervenuti dopo la sua morte. Oltre un’ora fitta di confronto sugli sviluppi, ma anche sulla vita a Cupertino.

Non è solo oro e si intravedono alcune crepe nel sistema digitale. Oggi ne sono emerse diverse, a partire dalle popolazioni locali che si rivoltano a Waze, perché la app di Google per la mobilità fa passare le auto dai quartieri residenziali per evitare il traffico. Oppure il fatto che le case ormai costino milioni di dollari e se una persona perde il lavoro non può più sostenere il carico di debiti. Insieme con questi si aprono poi tanti temi civili ed etici legati alla privacy e ai rischi che comporta la guida autonoma.

Quello però che resta chiara è la volontà di continuare a spingere un modello che porta tanto lavoro, ricchezza e visione del futuro. Una corsa iniziata decenni fa e che sta rivoluzionando giorno dopo giorno la vita dell’intero pianeta.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 11 Gennaio 2020
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